La Legge Pica, inizio del dramma del nostro Meridione
Quando si mette da parte la civiltà giuridica per reprimere i diritti della persona umana
In questi giorni assistiamo ai rituali festeggiamenti sull’Unità d’Italia. Da uomo del Meridione non vedo cosa ci sia da festeggiare. Invece di utilizzare tale ricorrenza per una lettura critica degli eventi succedutisi dal 1860 in poi, si preferisce, per l’ennesima volta, dare il via a una prosopopea piuttosto stucchevole.
Eppure, i drammatici problemi che attanagliano il nostro Meridione hanno come punto di origine lo sciagurato processo unitario avviato a seguito della Spedizione dei Mille. Mentre chi aveva sognato l’unità in una sola nazione dell’Italia e chi vi aveva partecipato, sacrificando la loro vita, avevano in mente un processo condiviso dove si dovevano rispettare le caratteristiche dei territori italici. Lo Stato Sabaudo sviluppò, al contrario, un’azione da definire di mera annessione piuttosto che di unità.
Sintomo del succitato orientamento fu la promulgazione nel 1863 della c.d. “Legge Pica”. Legge contro il Meridione d’Italia voluta da un meridionale: il deputato abruzzese Giuseppe Pica! Una legge che sacrificò la tradizionale civiltà giuridica del nostro paese sull’altare della brutale repressione di qualsiasi forma di dissenso nei confronti dello Stato Sabaudo. I fatti accaduti dopo la sua promulgazione rappresentano uno dei più feroci atti di repressione della dignità della persona umana in Europa.
Con il senno di poi, la “Legge Pica” assume sinistri e tragici aspetti se rapportati alla successiva storia europea. Quali?
La “Legge Pica” è senza dubbio la prima legge speciale sull’ordine pubblico promulgata in Europa. Il lato inquietante è che sia stato un Parlamento a farlo. Di norma, fino ad allora, l’ordine pubblico era materia di competenza dell’arbitrio di un re o di un dittatore populista. Si assiste, quindi, a uno spartiacque drammatico. Chi rappresenta la volontà del popolo decide di promulgare una norma contro di esso.
Non solo il succitato dettaglio rende la “Legge Pica” un’infamia. Per la prima volta uno Stato in base a una norma giuridica persegue coscientemente l’abuso perpetrato e continuativo dei più elementari diritti dell’uomo. Infatti tale legge autorizzava le autorità di Polizia a porre in essere qualsiasi mezzo atto a reprimere ogni anelito alla giusta libertà di un essere umano. Si può ben dire che la “Legge Pica” determini il primo genocidio di massa programmato a tavolino in Europa.
Per “migliorare” l’efficienza del dispositivo di legge si puntava su due aspetti: la deportazione di massa e l’istituzione di campi di concentramento. Chi veniva catturato, e non veniva passato alle armi all’instante, era imbarcato su navi per Genova. Da lì i deportati venivano smistati presso campi di concentramento operanti sull’arco alpino. Questi campi di concentramento erano per lo più fortezze costruite molti secoli prima a difesa del Piemonte. Le condizioni di vita nei campi di concentramento erano semplicemente inaudite. I prigionieri, anche donne e bambini, venivano lasciati morire e i corpi sepolti in immense fosse comuni o disciolti persino nella calce viva!
In sintesi, la “Legge Pica” anticipa, di molto, i drammatici eventi del novecento. Eventi contraddistinti o dall’ascesa di un dittatore (ad esempio Hitler) oppure da pianificazioni tendenti al genocidio di massa su base etnica (ad esempio Balcani).
Per comprendere a pieno i nefasti effetti della “Legge Pica” bisogna leggere gli atti della “Commissione d’Inchiesta Saredo”. Commissione istituita nel 1900 dal Presidente del Consiglio Giuseppe Saracco e che aveva come ambito giurisdizionale l’analisi dell’influenza della Camorra sulla Città di Napoli e l’intera Campania. Visto l’ambito dell’inchiesta fu cosa naturale occuparsi anche delle cause delle drammatiche condizioni in cui versava la metà del paese. Fra le quali la “Legge Pica”.
Cosa dire? Vorrei esprimere tutta la mia vergogna per appartenere a uno Stato che ha preferito reprimere nel sangue il nostro Meridione piuttosto che valorizzarlo. Perché il Presidente della Repubblica non chiede scusa a nome di tutta la Nazione per le inenarrabili sofferenze patite dall’intero popolo del Meridione d’Italia nel corso di una riunione straordinaria dei due rami del Parlamento? Sarebbe un atto che farebbe sentire noi meridionali “CITTADINI” dello Stato Italiano a pieno diritto e non “CAFONI” come ci ha ingiustamente definiti tanta letteratura fintamente meridionalista.
Da qui si può partire per costruire un paese realmente UNITO capace di contrapporsi ai progetti seccesionisti della Lega.
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Quando si mette da parte la civiltà giuridica per reprimere i diritti della persona umana...
Purtroppo sembra che mettere da parte la civiltà giuridica (se mai l’hanno avuta...) a certi giudici non costa alcuno sforzo... e per questo non esitano a fare reati che ai cittadini comuni non sono consentiti www.luigiiovino.it