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L’ultimo Pulcinella. Regia di M. Scaparro. Con Massimo Ranieri, Domenico Balsamo, Jean Sorel

Michelangelo (Massimo Ranieri) è un attore di teatro nato, cresciuto e pasciuto a Napoli, dove ormai la maschera di Pulcinella non interessa più a nessuno

di Dario Adamo - mercoledì 11 marzo 2009 - 4408 letture

Teatro e cinema...lontani parenti, di quelli che si incontrano una o due volte l’anno, giusto per Natale e Pasqua (e se ci scappa anche qualche compleanno), scambiandosi qualche forzato convenevole o piuttosto gemelli separati alla nascita, a cui il destino ha riservato percorsi diversi, strade similarmente tortuose, ma comunque simili nell’aspetto e con un identico DNA e che si riscoprono finalmente fratelli?

Sotto sotto sembra avere riflettuto su questa ambigua relazione Maurizio Scaparro, che ispirandosi a un soggetto inedito di Roberto Rossellini ha dato vita a questo L’ultimo Pulcinella, sceneggiato insieme a Rafael Azcona e Diego De Silva e interpretato dal sempre vigoroso Massimo Ranieri.

Michelangelo (Massimo Ranieri) è un attore di teatro nato, cresciuto e pasciuto a Napoli, dove ormai la maschera di Pulcinella non interessa più a nessuno e dove non c’è più spazio per i paladini della commedia dell’arte. Scappato di casa il figlio Francesco (Domenico Balsamo), colpevole di avere assistito a un omicidio di camorra, Michelangelo parte alla volta di Parigi dove il suo primogenito sembra essersi nascosto. Occorrerà spingersi fino alle banlieues della metropoli per ritrovare il figlio, gentilmente ospitato da una certa Cecilia (Carla Ferraro), e insieme a lui ravvivare la speranza di poter ricominciare di nuovo qualcosa. Aiutato da un vecchio amico professore alla Sorbona (Jean Sorel), dalla sua giovane assistente Faiza (Margot Dufrene) e dai ragazzi del quartiere, Michelangelo rimette in moto un vecchio teatro abbandonato dove vive un’ ex-attrice di discutibili origini francesi (Adriana Asti), che custodisce quell’edificio nel timore che venga un giorno buttato giù per costruirvi sopra un supermercato. Organizzata in poco tempo l’eterogenea compagnia teatrale, tutti si danno da fare per la messa in scena di uno spettacolo ispirato a Pulcinella. La difficoltà maggiore però non verrà da dentro e cioè dall’assegnazione delle parti, la suddivisione dei ruoli, l’impegno dei ragazzi e quant’altro, ma da ciò che brucia e batte fuori dalle porte dello stabile: gli scontri delle banlieues che qualcuno cerca di tenere distanti e qualcun’altro non può che portarli con sé. Come quelli di Napoli, alla fine. Come dire... tutto il mondo è paese. E l’artista? Cerca il suo spazio e fa sentire la sua voce, come meglio può e con tutte le sue forze.

Dietro il difficile dialogo intergenerazionale, topos del cinema e della narrativa di tutti i tempi, L’ultimo Pulcinella non è solo la storia di un figlio che scappa dal padre, del padre che insegue il figlio e della ricongiunzione che ne nascerebbe di conseguenza, così come potrebbe sembrare se ci si fermasse a un livello di superficialità pari a quello di un qualsiasi trailer promozionale. “Ognuno quando scrive o racconta, lo fa in maniera un po’ autobiografica” ci dice Maurizio Scaparro, che era presente all’anteprima bolognese tenutasi alla Cineteca Lumiere di Bologna. Ed è normale dunque, che nel film di un uomo che del teatro ha fatto professione di fede oltre che di fatto (è l’attuale direttore della Biennale Teatro di Venezia), non può che esserci tanto, tantissimo (amore per il) teatro. Teatro non solo come nobile forma d’espressione o insigne disciplina artistica, ma anche quale straordinario mezzo di comunicazione, luogo di compartecipazione ad altissimo valore paideutico-formativo e, perché no, a suo modo strumento di rivalsa sociale. E per avere tutto questo in un sol colpo, quale miglior interprete se non Massimo Ranieri che, da scugnizzo a “cantattore”, come gli piace definirsi, trasuda passione per il palcoscenico anche quando interpreta una canzone?

Poi c’è il cinema, che qui aiuta il teatro a sfogarsi un po’, a parlare di se stesso attraverso le sue modernissime macchine da presa, con tanto di inquadrature e di montaggio a seguire. Lo fa con la sbadataggine e la formalità un po’ maldestra di un parente lontano o con l’affetto scrupoloso di un gemello che scopre dopo tanto tempo di non essere figlio unico? I cinefili più ortodossi penseranno al parente distratto, i più laici potrebbero optare per la lieta ricongiunzione di famiglia. Vedere per sentenziare e decidere dove collocarsi.


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