L’Italia

Una metafora

di Alberto Giovanni Biuso - sabato 5 gennaio 2008 - 6048 letture

Un Paese meraviglioso. Una natura ricca di verde, di sole, di acque. Uno scrigno dell’arte universale. Città che hanno fatto la storia del Mediterraneo e dell’Europa. E dentro tante persone capaci, oneste, intelligentissime, generose. Questo è l’Italia.

Ma è anche il territorio controllato da mafie, n’dranghete, camorre. Sono anche le città devastate dall’abusivismo edilizio e da ogni pensabile bruttura. Il Paese dei furbi e dei fessi, dei fessi che si credono furbi. L’Italia è anche una classe dirigente tanto corrotta quanto incapace. È una politica che ruota tutta –in un gioco di interessi, ricatti, pigrizie, rassegnazioni, complicità- intorno a un imprenditore televisivo le cui fortune cominciarono coi soldi investiti a Milano dalla mafia palermitana. L’Italia è un’Università in mano ai baroni, ai raccomandati, agli asini. È una scuola moribonda, che promuovendo in massa riproduce tutte e ciascuna delle differenze di partenza, perché solo una scuola difficile permette il riscatto sociale. È una sanità controllata da politicanti locali che nominano come primari ospedalieri non i medici più capaci ma i più amici. È la terra dell’Alta Velocità mentre un viaggio in treno da Catania a Palermo (190 km) dura sette ore. È una società i cui valori morali sono dettati dalla gerarchia di uno Stato estero che è anche l’unica monarchia teocratica ancora esistente al mondo. È il corpo sociale europeo più incollato al televisore, alle sue pubblicità, ai suoi quiz, ai reality. E con il minor numero di lettori di libri.

Di questo Paese, la spazzatura napoletana è una metafora feroce e perfetta. Perché in quei rifiuti si concentra ogni interesse della grande politica nazionale come del piccolo imprenditore locale, della camorra come dei burocrati. E il risultato è la morte, alla lettera: «si muore di una peste silenziosa che ti nasce in corpo dove vivi e ti porta a finire nei reparti oncologici di mezza Italia. Gli ultimi dati pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità mostrano che la situazione campana è incredibile, parlano di un aumento vertiginoso delle patologie di cancro. Pancreas, polmoni, dotti biliari più del 12% rispetto alla media nazionale. La rivista medica The Lancet Oncology già nel settembre 2004 parlava di un aumento del 24% dei tumori al fegato nei territori delle discariche e le donne sono le più colpite. Val la pena ricordare che il dato nelle zone più a rischio del nord Italia è un aumento del 14%.» scrive Roberto Saviano. E con ogni mozzarella di bufala che viene dalla Campania assaggiamo tutti un poco di quella morte…

Se una società così ridotta è ancora –nonostante tutto- viva e vitale, lo si deve ai tanti soggetti, gruppi, movimenti, persone che, nella differenza di concezioni e credenze, operano per la felicità di se stessi e delle comunità, nel rispetto delle libertà altrui come delle proprie. Non lo si deve, quindi, allo Stato e ai suoi apparati, se non quando tali istituzioni sono abitate da persone le cui coscienze sono pure. Persone che conservano quella dignità che neppure uno Stato mafioso può togliere a quanti sono liberi al di là e al di sopra della legge scritta.

Per gli altri –gente potente e gente comune- vale la metafora più rispondente a questa società: «quando si getta qualcosa nell’immondizia, lì nel secchio sotto il lavandino in cucina, o si chiude il sacchetto nero bisogna pensare che non si trasformerà in concime, in compost, in materia fetosa che ingozzerà topi e gabbiani ma si trasformerà direttamente in azioni societarie, capitali, squadre di calcio, palazzi, flussi finanziari, imprese, voti». Si trasformerà, appunto, nell’Italia contemporanea.

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L’Italia
6 gennaio 2008, di : Antonia Belletti

Condivido l’analisi che hai fatto; è una descrizione della realtà, ma hai colto anche il valore intrinseco degli italiani, un popolo che, praticamente senza un governo serio, da molti anni, va avanti e colma da solo i vuoti di potere. Come sarebbe l’Italia se avessimo un governo sano? Ma d’altra parte, perchè un popolo che, comunque sopravvive col proprio lavoro allo scempio di chi lo governa, continua ad esprimere una classe dirigente così priva di spessore culturale, così corrotta, anche a livello culturale? Essendo un’insegnante mi fa riflettere la frase "È una scuola moribonda, che promuovendo in massa riproduce tutte e ciascuna delle differenze di partenza, perché solo una scuola difficile permette il riscatto sociale". Qualche settimana fa esprimevo proprio questo concetto ad una madre che, con garbo, mi faceva notare che le mie lezioni sono troppo difficili; le ho risposto che, pur facendo attenzione a non scoraggiare i ragazzi, una buona scuola deve essere difficile, perchè lo sforzo mentale è indispensabile a produrre lo sviluppo cerebrale. Cordiali saluti Antonia Belletti
L’Italia
6 gennaio 2008, di : Fabio Fino

Sono completamente d’accordo sull’analisi. Non sono ottimista sulle prospettive future: comprensibilmente è preferibile avere elettori poco colti che acculturati. Preferibile avere gente che non legge (da mio nipote mi sono sentito rispondere "E perché, in internet c’è la sintesi, così ho piu’ tempo per vedere Paso Adelante e Smallville") ad uno che spegne la tv per leggere un libro.. No, non sono ottimista sul futuro. Però concordo pienamente sul fatto che la scuola debba - anche - fare un’opera di salutare selezione.
L’Italia
6 gennaio 2008, di : Cateno

Un’analisi impietosa, cruda e perciò tanto più veritiera.Ma anche colma di speranza e fiducia nella persone che fanno bello il sole italiano. Sperando che siano sempre di più. Inutile, perché già lo sa, esprimere la mia totale condivisione.
L’Italia
6 gennaio 2008, di : Luca Lattanzi

Caro Alberto, condivido in pieno quanto dici e non posso non riconoscermi, anche in quanto membro di tante associazioni belle e perdenti, tra quelle "persone che, nella differenza di concezioni e credenze, operano per la felicità di se stessi e delle comunità, nel rispetto delle libertà altrui come delle proprie".

La conclusione a cui sono arrivato anch’io è purtroppo proprio questa: da questo stato non c’è da aspettarsi niente di buono, dalla maggioranza degli italiani neppure; non resta che combattere, con gli alleati che man mano si trovano per strada, una battaglia umile e perdente ma doverosa, come Leonida alle Termopili, i cavalieri polacchi contro i panzer, i paracadutisti della Folgore ad El Alamein. A vent’anni l’avrei presa come un’idea inaccettabile, a quaranta mi sembra l’unica che abbia un senso. E poi, in fin dei conti, nella storia sono rimasti i "perdenti" sopra citati, non credo che accadrà la stessa cosa per Mastella e per i "vincenti" di quest’epoca meschina e volgare.

L’Italia
7 gennaio 2008, di : biagio sciavarrello

il 5 gennaio 1927,Mussolini emanava una circolare indirizzata a Cesare Mori e pc a tutte le Prefetture:Tutti coloro che amministrano pubblico denaro devono essere di spiccatissima probita’.Il Prefetto deve instaurare l’epoca della assoluta moralita’ amministrativa,spezzando risolutamente le soprevvivenze camorristiche ed elettoralistiche dei vecchi regimi...il Prefetto deve imporre che siano allontanati e banditi da qualunque organizzazione o formazione del regime,tutti gli affaristi,i profittatori,gli esibizionisti,i venditori di fumo...;oggi 7 genn 2007 siamo in mano proprio a questi ultimi. Mafia e democrazia sono due parole che esprimono il medesimo concetto.Auspico un futuro sistema dove ciascuno di noi sia responsabile delle proprie azioni e paghi gli eventuali sbagli. biagio sciavarrello Bronte (CT)
L’Italia
8 gennaio 2008, di : Vittorio Volpi

Il mese scorso il New York Times pubblicava un lungo articolo sugli Italiani (/www.nytimes.com/2007/12/13/world/europe/13italy.html?_r=1&oref=slogin>)

e descriveva il "malessere" generale che uno straniero potrebbe respirare in Italia.

Non ero (e non sono) totalmente d’accordo. In altro forum dicevo: «Non prenderei per oro colato quel che dice la stampa, quel che dice Grillo o la televisione: ogni cosa sembra la fotocopia dell’altra. I media forse ci vogliono creare a modo loro, vogliono crearsi un’"audiece" manipolabile, un tipo di Italiano che poi non esiste. L’Italiano quotidiano è diverso, la gente comune è diversa, anche se vede i reality-show e sembra si faccia dirigere come un gregge di pecore.

Ogni tanto c’è l’alzata d’ingegno di qualcuno; ma nemmeno quest’alzata ci sarebbe senza un fitto sottobosco di piccole, personali, locali "alzatine d’ignegno".»

Vittorio Volpi

L’Italia
8 gennaio 2008, di : Gea

Sì, chi più chi meno, direi che sono tutti d’accordo: il sacrificio della Patria è consumato. Tuttavia, dal momento che coloro che ti hanno risposto, Alberto, hanno firmato le tue parole, pur condividendole in larga parte, mi sembra più fecondo -ed insolitamente anche più piacevole- dissentire su alcuni punti. Ciò che di buono ha il nostro Paese, nonostante sia già intaccato dalla decadenza generale, è infinitamente più splendido di quanto il tuo articolo sia disposto ad ammettere. Non mi riferisco soltanto alle bellezze naturali e artistiche, alle quali accenni, ma anche, per esempio, al servizio sanitario, di cui critichi la scarsa meritocrazia. Ora, sarà senz’altro così, ma mi permetto di farti notare che il paziente Italiano riceve cure e medicinali gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale, e noi siamo l’unico popolo in tutta Europa (degli States non parlo neanche, là le cure mediche si vendono all’asta) che concede i medesimi privilegi agli stranieri senza diritto di soggiorno; intendo dire precisamente che i medici della mutua visitano pazienti stranieri senza domandare loro i documenti. Inoltre, insieme ai Tedeschi, siamo gli unici ad offrire un’assistenza decente nei consultori. Nella vicina Francia una ragazza incita, se è minorenne o immigrata, può tranquillamente partorire sul marciapiede... ops, scusa, sur le trottoir. Insomma, noi siamo ancora un popolo etico, perché riconosciamo che la salute è un diritto (dal punto di vista giusnaturalistico), non un bene da smerciare al centro commerciale. Mi sembra che valga la pena di far notare queste cose; non certo perché compiacendocene ignoriamo le altre, bensì perché, così come non è lecito dimenticare i motivi della propria vergogna, è altrettanto ingiusto trascurare quelli del proprio orgoglio. Infatti per la maggior parte degli uomini -purtroppo- è dall’orgoglio che germoglia l’onore.

C’è un’altra cosa: a differenza di coloro che ti hanno risposto fin qui, io credo d’essere l’unica a comprendere in questo modo la decadenza italiana, perché ci sono nata. Nel 1987, il mio anno di nascita, l’Italia stava già decadendo. Tristemente, del nostro Paese non ho visto che questo; la sua crescita -culturale, sociale, economica...- io non l’ho vista mai. Non ci ho neppure mai creduto, come la tua generazione ha avuto il tempo di fare. Perciò io capisco che la decadenza è il fondamento che regge la storia, o almeno il ritmo che la governa; e non mi affanno contro il suo corso. Non certo per la pigrizia di esplorarne gli abissi, né per l’orrore di affacciarmici, bensì perché condivido l’insegnamento del Maestro Haryo: "se non puoi fare niente, che cosa puoi fare?". Il che non è rassegnazione, è soltanto attesa. Ciò che possiamo fare, osiamo di tentarlo; ma ciò che oggi non possiamo fare, sarà fatto in un momento più opportuno. Vi sono alcune cose che non possiamo sperare di raggiungere adesso: una di queste è la prosperità. E ti ricordo le parole di Sofocle in proposito: "è follia desiderare cose impossibili".

Gea

L’Italia
9 gennaio 2008, di : Amelia

Che possiamo aspettarci da un paese i cui laureati non conoscono le più elementari regole della loro lingua? Che possiamo aspettarci da un paese che ha perso la guerra e fa finta di averla vinta? Che possiamo aspettarci da un paese che dalla fine della guerra ha accolto col sorriso del vinto il nemico-amico perché gli offriva cioccolatini e carne in scatola? Che possiamo aspettarci da un paese che ha tenuto impunemente i servizi segreti stranieri nei posti di potere lasciando che tali servizi seminassero il terrore? Che possiamo aspettarci da un paese che non ha mai finito una guerra con lo stesso alleato con cui l’ha iniziata ? Che possiamo aspettarci da un paese che non si è nemmeno accorto di aver sostituito l’espressione della sua anima (musica in primis) con quella del vincitore? Che possiamo aspettarci da un paese che ha dimenticato le proprie tradizioni e che sostituisce allegramente la Befana con Halloween? Che possiamo aspettarci da un paese che non sa rinnovarsi autonomamente? Ho l’impressione che gli italiani si sentano, come i figli viziati, di poter fare quello che par loro, impunemente, perché tanto c’è mamma-Chiesa che li perdona e papà- USA che li rifociffa...