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Il viaggio di Greta Thunberg? Un grido di battaglia

È stato il mondo moderno a iniziare a minacciare e distruggere l’ambiente naturale. Oggi gli studenti in ogni parte del mondo gridano che si è svenduto il loro futuro, solo per soldi. Che cosa possiamo imparare da queste manifestazioni di protesta?

di Massimo Stefano Russo - mercoledì 2 ottobre 2019 - 2396 letture

Viviamo in un sistema molto complesso e in rapida evoluzione che richiede costanti correttivi, perché è in gioco l’equilibrio che riguarda la disponibilità delle risorse. Fino a che punto saremo capaci di gestire l’energia, l’acqua, il cibo, le variazioni climatiche, l’inquinamento? Non possiamo dimenticare che è stato il mondo moderno a iniziare a minacciare e distruggere l’ambiente naturale. Oggi gli studenti in ogni parte del mondo gridano che si è svenduto il loro futuro, solo per soldi. Che cosa possiamo imparare da queste manifestazioni di protesta? Non si può fingere che tutto sia normale. Il ciclone Idai in Mozambico è stata una delle più terribili tempeste della storia africana. Si è dovuto cercare riparo sulle cime degli alberi, mentre le acque salivano e uccidevano più di mille persone. Siamo impotenti al cospetto delle forze naturali incontrollabili che scateniamo.

Dopo solo sei settimane il ciclone Kenneth ha devastato nuovamente il Mozambico. La distruzione climatica è su scala planetaria, e non più una minaccia lontana. Tutto va più velocemente di quanto previsto da gran parte dei modelli scientifici e molte specie di animali e piante rischiano l’estinzione. I governi e gli scienziati hanno iniziato a incontrarsi in pubblico per discutere la necessità di ridurre le emissioni ed evitare il rischio del collasso climatico, ma si è perso troppo tempo e bisogna agire subito. Negli ultimi anni sono stati molti gli appelli all’azione, gli avvertimenti ad agire rapidamente. I giovani di tutto il mondo hanno portato alla scoperta il cuore della crisi climatica. Esprimono una nostalgia profonda per il futuro che progressivamente sta svanendo, perché gli adulti non agiscono e non ammettono l’emergenza che stiamo vivendo. Sta qui la forza del movimento giovanile. Contestano per il diritto fondamentale di vivere una vita piena, senza dover “scappare dai disastri”. Ma ci sono politici e opinionisti che con leggerezza insolente negano i dati scientifici, anche quando sono elementari e si comprendono con estrema facilità. I politici continuano a sovvenzionare i giganti degli idrocarburi e dell’agribusiness con facilitazioni e licenze. La crisi climatica è stata portata allo scoperto dai giovani di tutto il mondo. Greta Thunberg è riconosciuta una voce della coscienza globale e può insegnarci molto.

Quale spazio occupa la crisi climatica nell’immaginario collettivo? Le mobilitazioni giovanili non sono frutto di una sola ragazza e della sua unica visione del mondo. Gli scioperi per il clima sono stati organizzati da migliaia di leader studenteschi, insegnanti e organizzazioni che da anni lanciano l’allarme sul clima. A muoversi sono movimenti dal basso che scendono in piazza per gridare che si tratta di un’emergenza. Un vero e proprio movimento globale impegnati per una “giustizia climatica”.

Il pianeta sta subendo danni enormi e irreparabili, la crisi avanza veloce e cresce la sensazione di pericolo. La mappa geopolitica nell’ultimo decennio è cambiata, con un visibile ritorno della destra. I governi si sono dimostrati ostili a interventi significativi sul clima (smettere di allargare la frontiera dei combustibili fossili e abbassarne la produzione) e c’è ancora chi preferisce negare che l’attività umana sta riscaldando il pianeta a livelli pericolosi. Il sistema economico può continuare a procedere nella logica del consumo illimitato? La rivoluzione industriale che ha avviato il cambiamento climatico si è basata sui combustibili fossili e le nazioni che hanno inquinato esageratamente per secoli, hanno il dovere di intraprendere per prime il percorso per ridurre le emissioni. Per evitare un riscaldamento catastrofico (i livelli di biossido di carbonio hanno già nettamente superato i livelli di guardia) bisogna invertire la rotta economica. E’ necessario cambiare immediatamente e in modo radicale il modo in cui le società producono l’energia. Un cambiamento sociale da cima a fondo.

Sotto la minaccia del riscaldamento globale le Nazioni Unite nel 1988 hanno creato l’IPCC per dare ai legislatori le informazioni più corrette possibili e riuscire a prendere decisioni sagge.

Uno studio della Banca Mondale (2018) considera che entro il 2050 più di 140 milioni di persone dell’Africa subsahariana, dell’Asia del Sud e dell’America Latina verranno sfrattate dagli stress climatici. Da anni si richiede un “Piano Marshall per la Terra”, ma c’è chi continua a gridare al “complotto socialista” per negare in un modo spudorato che rasenta l’arroganza insolente la realtà. (I negazionisti del cambiamento climatico giungono ad appellarsi al loro dovere di fermare l’ecocomunismo).

Il professor Steven Koonin è uno dei principali fautori della possibilità di combattere il cambiamento climatico liberando particelle di solfato e alluminio nell’atmosfera. Ma non si è sicuri che funzionino. Non è meglio scegliere di ridurre i consumi e passare alle energie rinnovabili? Ma c’è chi sostiene che il cambiamento climatico sia un complotto portato avanti per sottrarre la libertà agli americani. Un “cavallo di Troia” progettato a tavolino per abolire il capitalismo e sostituirlo con qualche variante di eco-comunismo? Il riscaldamento non esiste o se esiste non è un problema?

I negazionisti duri e puri armati di sarcasmo retorico (confortati talvolta da accademici di bassa lega) pestano i piedi e si accalorano - sostenendo di ragionare a mente fredda - e cercano di discreditare ambientalisti e climatologi. Spostano il discorso climatico in campo economico, anche per assecondare gli elettori di destra e guadagnare consensi.

Si sostiene da parte loro che un intervento di riduzione distruggerebbe il capitalismo, con il sacrificio di tanti posti di lavoro, alzando i prezzi alle stelle. Ignorano che costruire un ecosistema più giusto e avanzato, capace di ridurre le disuguaglianze profonde e trasformare la sfera pubblica, è un importante contribuito per trovare delle soluzioni per la crisi climatica. Si può uscire dalla miseria grazie anche a una tecnologia pulita.


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