Il quadro della settimana: "Signora ritta al virginale" di Jan Vermeer

Olio su tela
 cm 51,7 x 45,2
 anno 1670
 conservato alla National Gallery di Londra

di Redazione - martedì 23 aprile 2013 - 2804 letture

Fonte: Nicola Ghezzani

"Signora ritta al virginale", conosciuta anche come "Signora alla spinetta" è custodito nella National Gallery di Londra. La firma dell’artista compare sullo strumento musicale. Il quadro esposto sulla parete frontale a sinistra, viene generalmente indicato come una pittura vicina alle maniere dei pittori tedeschi Allart van Everdingen (1621 - 1675) e Jan Wynants (1630-1684). Il quadro a destra, raffigurante un Cupido, viene riportato anche nel "Gentiluomo e ragazza con musica". 23 Vermeer - Signora ritta alla spinetta

La struttura semantica dell’opera è tanto semplice all’occhio quanto complessa nei riferimenti intellettuali. La ragazza (o signora che sia) è colpita dalla luce del giorno attraverso la finestra alle sue spalle. Il volto ne viene rischiarato solo in parte, perlopiù resta adombrato e volto all’interno. La ragazza è ben vestita, di famiglia borghese abbiente, e ci guarda. Ci guarda con uno sguardo composto, come la postura del corpo, ma anche stupito, forse estraniato da un lieve velo di tristezza.

È una ragazza seria, pronta per una visita, in attesa. Offre al visitatore occasionale, cioè allo spettatore del quadro, pittore o spettatore che sia, il ritratto sonoro della sua anima attraverso la musica che accenna distrattamente allo strumento. La esegue senza molta attenzione, con l’abilità tradizionale della ragazza da marito; niente di più e niente di meno. Intanto la scena parla per lei e dice ciò che lei non può dire.

Il quadro sulla parete frontale vicino alla finestra ha lo stesso tema della riproduzione sulla parete interna del coperchio dello strumento: una grossa nuvola copre una bassa collina. Forse una allusione alla fertilità. Molto più interessante il grande quadro di Cupido in alto sulla destra.

Nel quadro, il dio dell’amore (Eros per i greci, Cupido o Amore per i latini) è rappresentato in una posa sensuale e impertinente e, a differenza della ragazza, si muove. Impugna con una mano un arco senza freccia (la freccia è stata già scoccata?) e con l’altra mostra enigmatico una carta da gioco. Inoltre, come la ragazza, ci guarda dritto negli occhi.

Si tratta di un tema pagano, ma variato secondo una simbologia rinascimentale: il corpo infantile del dio è animato da un moto irrequieto, come l’amore che evoca, la sua freccia è partita e ha colpito qualcuno. La carta da gioco sta a indicare l’assoluta arbitrarietà degli eventi che seguono allo sprigionarsi del desiderio. Un azzardo, dunque, regola le faccende d’amore. La ragazza, prigioniera di una ragione borghese, che la vincola all’attesa di un pretendente o che il marito rientri in casa, “sa”, conosce (per puro istinto femminile) la potenza drammatica del vero desiderio. Per quanto sia intrappolata dai mobili che le si adunano interno come una famiglia gelosa o una ronda di soldati, per quanto la sua morbidezza sia umiliata dalle rigorose linee del pavimento e della finestra, qualcosa di lei sfugge: il desiderio d’amore, la voglia segreta di giocare il tutto per tutto.

Per dirci tutto ciò, Vermeer adotta una simbologia pagana. Se fosse cristiana, penseremmo a una tentazione diabolica.


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