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Il fuoco della poesia, dieci anni dopo

Mi è capitato tra le mani questo piccolo gioiello di Salvo Basso che si intitola Scriviriscriviri (Interlinea 2014) e facendo qualche indagine...

di Alessandra Calanchi - mercoledì 24 luglio 2024 - 564 letture

Mi è capitato tra le mani questo piccolo gioiello di Salvo Basso che si intitola Scriviriscriviri (Interlinea, 2014) e facendo qualche indagine sono arrivata a comprendere l’importanza di questo autore, scomparso prematuramente all’età di 39 anni, appassionato di filosofia e animatore culturale e politico, assessore, e una vera scoperta in ambito letterario. Il senso di colpa per non averlo conosciuto prima mi ha portata a rivolgermi a Sergio Failla, che lo aveva conosciuto e apprezzato:

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Copertina di Scriviriscriviri, di Salvo Basso

SF - Nei primi anni Novanta del secolo scorso, ebbi contatto con Salvo Basso di Scordia. Giovane, assessore alla cultura, era parte di quella generazione di rinnovamento politico e culturale che nella “primavera dei sindaci” portò - tra l’epoca di tangentopoli e prima che le porte si richiudessero nuovamente, questa volta con l’operazione di Berlusconi – a una ventata liberatoria dopo decenni di soffocamento. Sembrò che per un attimo l’Italia potesse davvero conoscere la democrazia, che le strade potessero essere liberate dalla monnezza e dal malaffare. Tutto attorno a Lentini, nelle amministrazioni che andarono alle elezioni, ci fu il rinnovamento; a Lentini le elezioni ci furono poco prima, e al potere andò un rappresentante della vecchia politica che difatti non mostrò alcun senso dei tempi mutati (e Lentini si ritroverà negli anni successivi arretrata rispetto ad altre realtà amministrative).

AC – Quindi parliamo di un giovane poeta non solo impegnato politicamente, ma integrato nel tessuto del suo territorio al punto da farsene portavoce ed esempio di rinnovamento… e voi come entrate in questo progetto? Come hai conosciuto Basso?

SF – Proprio così. Mentre Scordia organizzava presentazioni di libri, di quadri, e soprattutto concerti in piazza con le maggiori bande giovanili dell’epoca (sarebbero diventate famose nei decenni successive) grazie ai contatti con ArezzoWave e altri circuiti nazionali alternativi, noi di Girodivite uscimmo con numero cartaceo che titolava grande: “Chiediamo asilo culturale a Scordia”, sollevando le ire del sindaco di Lentini e l’attenzione del giovane Basso che ci contattò. Diventammo amici. E scoprii il poeta Salvo Basso: che utilizzava il dialetto in maniera diversa da tutti gli altri. Finora il dialetto era stato usato da nostalgici o folkloristi; lui usava il dialetto all’interno di una “lingua” italiana. Per me è stato il più importante poeta italiano di quegli anni; e attivissimo organizzatore culturale locale: a lui si deve il “treno dei poeti” con la circumetnea utilizzata per far incontrare i maggiori poeti dell’epoca (c’era Erba, Vivian Lamarque, D’Elia, ecc.) e farli ascoltare e vedere in televisione (un talk dell’epoca, non ricordo proprio più quale; ma sul treno c’era Iachetti imbranatissimo che faceva da “inviato”); e tutta una serie di iniziative (con Cornia e Nori, con Branduardi nelle scuole, Manlio Sgalambro; la rete delle città e degli assessori alla cultura a partire da una esperienza di Toesca a San Gimignano, ecc.).

AC – E poi?...

SF – Poi la “primavera” politica passò (e anche le esperienze politiche di Bianco a Catania e di Orlando Cascio a Palermo declinarono), uccisa dal nuovo vento berlusconiano. Salvo Basso è morto giovane, un tumore al cervello rapido. Per tutti quelli che lo hanno conosciuto e hanno letto le sue poesie, è stato importante (per me senz’altro). Era riuscito a raggruppare, amicalmente, una “rete” di poeti che hanno decisamente rinnovato il modo di fare poesia nella Sicilia orientale. Renato Pennisi, Maria Gabriella Canfarelli, Angela Bonanno, Biagio Guerrera, Francesco Balsamo, Francesco Margani... ma ce ne sono una decina almeno, ognuno individualmente ma per me come parte di una stessa “area” culturale o tensione. Sarebbe interessante, oggi, far conoscere questo circuito di poeti, vista l’atrofia nazionale.

AC – Qualche bravo/a poeta c’è, anche se bisogna fare slalom fra esercizi di stile e autoreferenzialità… Il problema è come renderli/e visibili e udibili, perché spesso sono confinati/e a piccole riviste, premi letterari secondari, circuiti minori, diversamente da quanto accade per esempio in America Latina dove i poeti sono come rock star, ci sono file chilometriche per ascoltarli. Nel mio piccolo, ho contribuito alla nascita di una collana che si chiama “Palestra di poesia”, esce con l’editrice Ventura di Senigallia, e invito lettori e lettrici a contattarci! Finora abbiamo pubblicato quattro autori stranieri (Josè Ramon Ripoll, Delmore Schwartz, Bruce Weigl) e due italiani (Gianni Darconza e la sottoscritta). Aspettiamo proposte! E rimando anche alla rubrica “Poesia è politica” su Girodivite.

Ma ora torniamo a Scriviriscriviri , uscito dieci anni fa con una bella Prefazione di Giovanni Tesio dal titolo “Salvo Basso, il fuoco della poesia”. Per Basso, scrive, la poesia non è una finalità ma una necessità, e questo significa che scrivere versi diventa “l’attività delle attività” (p. 5). L’ironia, il gioco di parole, la ripetizione, lo straniamento sintattico sono a loro volta funzionali a quella necessità che non cade mai nel banale. Il divertimento è raffinatissimo e interculturale: Il burattino cauboi / si gira dall’altra / parte per non vedere / la cuoca preparare / il risotto francese (“Fumo”, p. 17) e la sintesi è quasi vertiginosa, come ne “Il calciatore” (p. 18), che potrebbe essere la sinossi di un romanzo mai scritto. A volte invece la metafora esistenziale si fa elegia: Beata la foglia che è nata / sul ramo più basso / che guarda verso giù… / quando cadrà / avrà meno dolore. Leggiamola anche nel suggestivo dialetto poetico originale:

Biata la fogghia ca nascia
‘nti la rama cchiù vascia
ca ‘n-terra talija…
quannu idda casca
achiù picca s’astruppia!

(‘A fogghia”, p. 24. Luglio 1982)

L’amore per il dialetto si esplicita in questi tenerissimi versi: Sono rimasto fermo al telefono… altre / cose non ne so per esempio / tipo l’email – la scrivo come la / pronuncio – certe volte dove arriva / il dialetto nemmeno l’inglese…

Arristai fermu o telefonu… autri
cosi nunni sacciu per esempiu
tipu l’imeil – a scrivu comu a
pronunciu – certi voti unni arriva
u dialettu mancu u inglisi…

(senza titolo, p. 48)

Voglio concludere con quella che ritengo una delle più belle dichiarazioni d’amore della poesia di tutti i tempi: dita con dita / intrecciati come canestri / e gambe con gambe / avviluppati / che non si capisce / di chi è il pelo // ti riconoscerei / anche tra / centomila femmine // dalla lingua e dal profumo / e se ti tradissi / sarebbe / ancora con te

ita ccu ita
stritti comu cannistri
e gghiammi ccu gghiammi
ntrucciuniati
ca non si capisci
di cu è u pilu

ti rricanuscissi
macari tra
centumila fimmini

da lingua e ddò sciauru
e ssì tti tradissi
fussa
ancora ccu tia

(“Canticanticu”, p. 65)


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