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Il CIO ricorda a Pechino le sue promesse

Dopo le violenze della tappa parigina di lunedì 7 Aprile, ed il percorso accorciato a San Francisco mercoledì 9, per via della minaccia dei militanti pro-Tibet, Jacques Rogge, ha tuttavia confermato che il giro della fiamma nel mondo.

di Thierry Abdon AVI - mercoledì 16 aprile 2008 - 2438 letture

Il Comitato Internazionale Olimpico, trovatosi nella “bufera” dopo le violenze che hanno segnato il percorso della fiamma olimpica, ha ricordato giovedì 10 Aprile, alla Cina le sue promesse di migliorare i diritti dell’Uomo prima dei giochi, attirando una reazione immediata da Pechino. Il presidente del CIO Jacques Rogge ha riconosciuto a Pechino che il Movimento Olimpico "attraversa una crisi" ed ha anche riconosciuto che in passato ci sono state " più grandi bufere" : a parere suo, nell’immediato futuro, il Comitato potrà fare un “salto di qualità”.

Dopo le violenze della tappa parigina di lunedì 7 Aprile, ed il percorso accorciato a San Francisco mercoledì 9, per via della minaccia dei militanti pro-Tibet, Jacques Rogge, ha tuttavia confermato che il giro della fiamma nel mondo, che è proseguito a Buenos Aires(giovedì 10 e venerdì 11 Aprile), non verrà abbreviato, pur nel mantenersi di un clima di ostilità contrapposte . Ha garantito agli atleti che devono partecipare ai giochi olimpici del mese d’agosto a Pechino, che la crisi attuale verrà superata ed ha ricordato alla Cina gli impegni presi "prima dell’assegnazione" dei giochi, per " fare avanzare la questione sociale, in particolare riguardo ai diritti umani". "Chiediamo assolutamente alla Cina di rispettare quest’impegno morale", ha aggiunto.

La sua dichiarazione ha causato, come già detto, una reazione immediata di Pechino, che ha chiesto al CIO di non politicizzare il dossier dei Giochi Olimpici. "Credo che i responsabili del CIO sostengano i giochi olimpici ed aderiscano alla Carta olimpica che stipula di non introdurre fattori politici, che sarebbero fuori proposito", ha detto la portavoce del Ministero degli Esteri Jiang Yu. "Spero che i responsabili del CIO continuino ad aderire ai principi della Carta Olimpica", ha aggiunto.

Davanti ai rappresentanti dei 205 Comitati Olimpici Nazionali riuniti nella capitale cinese, in cui si svolgeva giovedì 10 e venerdì 11 la sessione della commissione esecutiva del CIO, il sig. Rogge ha tenuto un discorso combattivo, ingiungendo ai dirigenti cinesi di motivare gli atleti prima dei giochi. "Informate tutti che dopo la crisi attuale, faremo il salto di qualità", ha lanciato. "Ci restano 120 giorni e sono sicuro che l’organizzazione e lo svolgimento saranno un successo". Ha giudicato che il passaggio della fiamma olimpica non è stato l’evento "felice" che era stato prospettato a causa degli incidenti di Londra e Parigi. "Fortunatamente, la situazione è stata migliore mercoledì 9 a San Francisco anche se, tuttavia, non è stata la festa felice che avevamo desiderato ", ha aggiunto il sig. Rogge.

La repressione da parte delle autorità cinesi delle manifestazioni del mese di marzo nel Tibet aveva fatto emergere la questione di un boicottaggio della cerimonia d’apertura dei giochi, l’8 agosto. Giovedì 10 Aprile, gli eurodeputati hanno chiesto ai dirigenti del vecchio continente di condizionare la loro partecipazione a questa cerimonia alla ripresa del dialogo tra Pechino ed il Dalaï Lama. L’unione europea si è rifiutata fino ad oggi di pronunciarsi sulla questione. Il Capo spirituale in esilio dei buddisti tibetani, di passaggio a Tokio, prima di recarsi negli Stati Uniti, ha ribadito il suo attaccamento allo svolgimento dei Giochi Olimpici di Pechino. "Sono rattristato del fatto che il governo cinese mi abbia quasi presentato come il demonio. I cinesi meritano realmente di organizzare questi giochi” ha detto, sottolineando che nonostante gli eventi infelici nel Tibet, la sua posizione non era cambiata rispetto al mantenimento dei Giochi in Cina.

Secondo il governo tibetano in esilio, la repressione delle manifestazioni da parte delle forze cinesi ha fatto 150 morti. Pechino afferma che i sommovitori tibetani hanno ucciso 20 persone. Sette esperti dei Diritti dell’Uomo all’ONU hanno comunicato giovedì 10 Aprile la loro preoccupazione "profonda" sulla repressione nel Tibet, ed hanno chiesto a Pechino un libero accesso alla regione da parte di giornalisti ed osservatori indipendenti. Inoltre, la Cina ha respinto la domanda di Louise Arbour, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti dell’Uomo, di recarsi nel Tibet.


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