D’Alema, l’Amerikano

La Guerra italiana contro il popolo iracheno continua

di Alberto Giovanni Biuso - martedì 6 giugno 2006 - 4871 letture

Dall’Iraq fa notizia, ormai, solo la morte dei soldati italiani. Nulla o quasi si apprende, invece, dei tanti massacri attuati dalle forze d’occupazione, come quello raccontato da Imam Hassan, una bambina di 10 anni sopravvissuta allo sterminio di tutta la sua famiglia.

Persino il vicepresidente iracheno al-Hashemi denuncia il «comportamento degli americani, per la loro violazione su larga scala dei diritti umani. Uccidono e feriscono la gente, distruggono case». Imam è stata testimone dello sterminio a sangue freddo di 24 civili iracheni, tra cui undici donne e bambini, compiuto come rappresaglia per un attentato che aveva provocato la morte di un militare statunitense. Per uno solo dei loro soldati, i liberatori massacrano decine e decine di innocenti. Chissà se in futuro gli iracheni potranno ricordare questi fatti come gli italiani ricordano le Fosse Ardeatine o analoghe rappresaglie compiute dai soldati nazionalsocialisti...

E il nuovo governo italiano, per bocca del suo ministro D’Alema, noto per essere stato uno dei più zelanti bombardatori umanitari della Serbia, dichiara che -di fatto- le promesse di ritiro formulate durante la campagna elettorale saranno disattese: «l’Italia non scappa dall’Iraq. Ritira le forze armate, ma in un quadro di collaborazione con il governo iracheno e gli alleati (...) La collaborazione con il governo americano è un nostro impegno, anche perché le nostre coordinate sono europeismo e atlantismo (...) Le linee di politica estera sulle quali lavorare sono quelle già tracciate. L’Italia deve essere uno dei Paesi di punta dell’integrazione europea poiché concepire la nostra posizione fuori dal quadro dell’Europa è una velleità». Insomma, la conferma della totale subordinazione a Washington e della rinuncia alla pur minima autonomia europea rispetto agli interessi a noi contrari dell’Impero statunitense. (Fonte delle dichiarazioni di D’Alema: www.rivistaindipendenza.org)

L’Italia continuerà quindi a partecipare, pur se in forma mascherata, a una guerra di conquista delle risorse petrolifere e di controllo geostrategico dell’area. E che di guerra di tratti -e non di una «missione umanitaria» alla quale ormai solo persone cieche o in malafede credono ancora- lo conferma anche il padre di Alessandro Pibiri, l’ultima vittima italiana, quando riferisce che il figlio «mi diceva che faceva la scorta ai convogli che andavano in Kuwait perché lì avvenivano gli sbarchi di armi» (Fonte: Repubblica)

www.biuso.it


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D’Alema, l’Amerikano
10 giugno 2006

Ehhh professore cosa ci vuole fare! Questi sono i nostri parlamentari e questa è la nostra bella Italia (ma per fortuna non solo questa) con il suo glorioso popolo. D’altronde cosa si poteva pretendere da uno degli uomini più viscidi della nostra bella democrazia? Un ex PCI che vedendo decaduti i vecchi "valori" del comunismo ha pensato bene di inaugurare un nuovo slogan per i comunisti odierni che così può esser sintetizzato: "capitalismo e benessere per tutti". Mi perdoni prof. la domanda: poteva D’Alema dire qualcosa contro gli USA? Mai se lo sarebbe sognato come d’altronde nessuno di noi mai probabilmente si sognerebbe di abbandonare il benessere in cui giornalmente sguazziamo per impegnarci a costruire un mondo meno isterico e consumistico e più pacifico e umano.Prof. ha mai visto il film di A. Sordi intitolato "Finchè c’è guerra c’è speranza"? Non voglio sintetizzarle il film, mi basterà solamente ricordare le parole di Sordi (Nei panni di un venditore di armi)quasi al termine del film: "Perchè vedete (Sordi si rivolge alla sua famiglia che conduce una vita agiata e che ora pretende da Alberto che smetta di essere un mercante di morte) miei cari ragazzi le guerre non le fanno solo i fabbricanti d’armi e i commessi viaggiatori che le vendono ma anche le persone come voi,le famiglie come la vostra che vogliono, vogliono vogliono.......e non si accontentano mai; le ville, le macchine, le moto, le feste, il cavallo, gli anellini, i braccialetti, le pellicce e ....tutti i cazzi che ve se fregano, costano molto e per procurarseli qualcuno bisogna depredare!!!!!!: ecco perchè si fanno le guerre". Il film finirà con Sordi che prenderà l’aereo e che continuerà a fare il mercante di morte: sarà la famiglia infatti a decidere così e l’immagine finale è quella della moglie dei figli e della zia, che incuranti dei grandi mali del mondo continueranno a sguazzare nel mare dell’agiatezza consumistica. Inoltre in "Lord of War" il protagonista ci avverte dicendo che un giorno il mondo sarà nelle mani del più grande trafficante d’armi( e l’allusione è ovviamente al caro presidente americano che va portando la democrazia nel mondo). D’altro canto prof. non è poi così difficile per tanti pacifisti o pseudopacifisti (o per chi è semplicemente per la pace al di la degli schieramenti) gridare alla pace mangiando un panino del mac donald, con indosso le scarpe della nike o dell’adidas e magari pensando ad una bella partitella alla playstation con gli amici da organizzare per il pomeriggio dopo una lunga giornata "faticosa" a scuola. E come chi grida all’ecologismo e poi butta le carte a terra; come chi grida allo spreco di energia e di risorse del pianeta e poi tiene accesi 100 apparecchi elettronici contemporaneamente (e spesso inutilmente). Lungi dal demonizzare una forma di capitalismo moderato, demonizzo questo nostro iper-capitalismo sempre più sfrenato che noi tutti nei fatti accettiamo e così facendo contribuiamo individualmente ogni giorno all’uccisione di civili iracheni(e siamo responsabili anche delle risposte terroristiche) e non.

COSTANZO. ARRIVEDERCI PROF.

L’Italia non sarà comunista ma..................
20 giugno 2006


 Il fascismo ci ha resi sudditi dell’America.
 Oggi si parla solo di 25000 voti in più!
 quali prospettive per il futiro?
 (quasi nessuna)
 fra sei anni dobbiamo essere quasi tutti con l’animo in spalla..
D’Alema, l’Amerikano
10 luglio 2006, di : Alberto Giovanni Biuso

Da "Il Manifesto" di oggi, 10 luglio 2006:

L’assenza di una linea di politica estera emerge come il limite più grave del governo di centro-sinistra. Ciò che sembra mancare è una visione dei rapporti internazionali minimamente innovatrice. Per esserlo dovrebbe porsi in discontinuità non solo e non tanto rispetto alla politica estera del governo Berlusconi - quale politica estera? - ma rispetto al ruolo internazionale che l’Italia ha svolto a partire dalla fine della guerra fredda.

Dovrebbe dunque essere posta in discussione la politica estera praticata in questi anni sia dalla destra che dalla sinistra. E non è certo un caso che la politica estera sia stata lo spazio politico nel quale più frequentemente si è verificata la convergenza - talora la complicità - fra i due schieramenti. E nei prossimi giorni assisteremo quasi certamente, sul tema del rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan, a una ennesima confluenza bipartisan: un sintomo, in tempi di g lobalizzazione inarrestabile, di grave miopia strategica di un’intera classe politica.

Questioni come il ritiro dei militari italiani dall’Iraq e come la presenza italiana in Afghanistan sono decisive. Ma farne un perno cruciale o addirittura una questione di principio ha senso solo nel contesto di una riflessione allargata. Ha senso solo se si rimette in discussione l’insostenibile fardello di una serie di luoghi comuni che gravano anche sulla sinistra italiana. Fra questi ci sono vere e proprie credenze bipartisan: la funzione legittimante dell’Onu nei confronti delle guerre di aggressione, l’esistenza di una giustizia internazionale diversa dalla «giustizia dei vincitori», il ruolo di pacificazione e ricostruzione civile che può essere svolto nel mondo intero da un’alleanza militare come la Nato, la funzione emancipativa del militarismo umanitario praticato dall’Occidente in nome dei diritti dell’uomo, la capacità della grandi potenze occidentali di vincere la sfida m ortale del global terrorism negandone «le ragioni» e addirit! tura qua lificando il terrorismo di matrice islamica come una nuova forma di fascismo, come ha scritto John Lloyd. E cioè ignorando la razionalità e il realismo della replica terroristica nei confronti dell’occupazione militare e dell’oppressione dei paesi islamici: una replica «estrema», ma che ha ben poco in comune con il fanatismo religioso o con l’odio contro la libertà e i valori occidentali che i fondamentalisti umanitari occidentali imputano alle scuole coraniche.

E’ scoraggiante sentir dire da Massimo D’Alema, in visita al Dipartimento di stato, che gli Stati uniti restano il cardine della politica estera italiana. Se non è un’ambigua dichiarazione machiavellica, è la prova che la politica estera italiana ripete i moduli stantii della subordinazione europea verso la superpotenza americana, mentre i processi di globalizzazione fanno dell’Asia orientale il cardine strategico di un futuro sempre più prossimo. E non meno scoraggiante, nonostante alcuni timidi accenni del p residente del Consiglio, è il silenzio del nuovo governo sulla questione mediterranea e, in essa, sul dialogo con il mondo islamico e sulla questione palestinese ormai avviata verso un definitivo etnocidio.

Ed è penoso sentir dire da un improvvisato ministro della difesa come Arturo Parisi che l’Italia è attiva in Afghanistan nel quadro della Nato «con una visione globale, ponendo a disposizione strutture e forze per la costruzione di un disegno di ordine e di pace». Si tratta di candide menzogne, come sa chiunque abbia visitato l’Afghanistan in questi anni e abbia personalmente registrato gli imponenti indici empirici che presentano il teatro afghano come un crimine internazionale e una tragedia: un crimine e una tragedia non meno gravi di quella palestinese e di quella irachena, e non meno forieri di violenza, abiezione, instabilità e terrorismo. Nessun ordine e nessuna pace regnerà fra gli immensi altopiani dove domina l’etnia Pashtun finché l’ultimo invasore stranier o non sarà stato cacciato. E le valli al nord, dove svettano! i primi contrafforti del Karakorum e dell’Himalaya, sono ancora letteralmente invase da carcasse di carri armati, di mezzi blindati e di armi pesanti di ogni tipo, ultime tracce degli invasori sconfitti dai mujaheddin tagichi.

Danilo Zolo