Contro la Madre

Liberarsi, vivere.

di Alberto Giovanni Biuso - venerdì 10 agosto 2007 - 7057 letture

Una famiglia come tante: padre, madre, tre bambini. Questi ultimi sono i padroni. La loro volontà è legge, ogni desiderio va prontamente soddisfatto, i capricci sono ordini. Appena strillano o piangono o battono i piedi, ecco che la Madre è pronta ad accontentarli, e –anzi- ad anticipare i loro desideri.

Parlo di comportamenti che ho osservato di recente, che tutti noi abbiamo visto. Quei bambini sono così anche perché in essi la Madre ha proiettato i propri desideri, il proprio capriccio, la propria volontà di dominio. Le famiglie senza Padre sono la preparazione alla catastrofe degli adulti, a ogni loro fallimento. Ma la Madre non tollera concorrenza, competizione, collaborazione. I figli sono suoi, frutto delle sue viscere, portati per mesi nel ventre, dati con dolore alla luce, specchio riflesso della sua natura.

La Madre va uccisa, se vogliamo vivere. Essa deve diventare una persona qualsiasi della famiglia. Non bisogna permetterle di raggiungere il suo scopo: essere la Grande Madre che controlla i tempi, gli affetti, i progetti degli altri. La Grande Madre è la Gorgone che paralizza, è la Vergine Maria che rende ogni Giuseppe un individuo ridicolo e patetico, è l’Angelo del focolare che brucia le anime dei figli, è la Potenza della Terra che si apre a reinghiottire nel proprio utero i corpi che da esso sono usciti. Che stritoli i nati nel proprio affetto o che dia loro l’angoscia dell’abbandono, la Grande Madre è la Morte.

Ha ragione Baudrillard: «Fallo vivente della madre, tutto il lavoro del soggetto perverso consiste nell’installarsi in questo miraggio di se stesso e trovarvi l’appagamento del suo desiderio –in realtà appagamento del desiderio della madre. […] Processo identico a quello dell’incesto: non si esce più dalla famiglia» (Lo scambio simbolico e la morte [1976], Feltrinelli 2007, pag. 127). Uscire, affrancarsi da lei, dalla Madre, è dunque liberarsi dalla perversione, è vivere. Finalmente lontani dal suo grembo di tenebra.

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Contro la Madre
10 settembre 2007, di : Giovanni Schiava

Caro Biuso,

credo che l’argomento, già ampliamente discusso da Freud, sia molto interessante. L’uccisione della madre (s’intende metaforica) consiste nella conquista dell’indipendenza dall’affetto materno che durante la crescita aiuta a renderci più sicuri nell’affrontare la vita. Se non riusciamo a staccarci dalla protezione, dall’involucro protettivo dell’affetto materno certamente dovremo ad esso rendere sempre conto di ciò che facciamo, delle nostre scelte, dei nostri desideri. Il taglio del cordone ombelicale indica una maturità affettiva.

Mi permetto adesso di contaminare il discorso chiamando in causa il tema della "Morte di Dio". In Dio troviamo uniti, in un’unica figura, l’autorità paterna e l’affetto materno. L’uccisione di Dio da parte della società postmoderna consiste non solo nello svincolarsi da ogni Autorità sovrastante ma anche, e forse soprattutto, dall’emanciparsi dalla dipendenza verso la protezione materna. Uccidere il Padre non basta, anche la Madre va uccisa per non restare imbrigliati nei tentacoli del complesso edipico. La società postmoderna ha manifestato palesemente la volontà di uccidere il Padre, l’Autorità (io addirittura ho fatto risalire la crisi dell’Autorità alla missione di Gesù Cristo, veda il mio articolo in http://www.girodivite.it/Gesu-Cristo-alle-origini-del.html), cioè il volersi svincolare da ogni autorità costituita, ma non ha ancora riconosciuto a se stessa la necessità e la volontà di emanciparsi dalla dipendenza verso una protezione affettiva. Per questo motivo Gianni Vattimo può ancora, al termine del libro "Il futuro della religione" (Garzanti, 2005) sostenere che "Dio è ancora in circolazione". Si tratta soprattutto del Dio d’Amore, il Dio benevolo e protettivo verso ogni incertezza, che con i suoi valori assoluti ci aiuta a preservarci dalle brutte sorprese e da ogni imprevedibilità della vita.

Che ne pensa?

Con stima,

Giovanni Schiava