Chi ha tempo (libero) non aspetti tempo
Della sociologia e del tempo libero / Massimo S. Russo. - Canterano : Aracne editrice / Gioacchino Onorati editore, 2017. - 65 p., [III], br. ; 21 cm. - (A14). - ISBN 978-88-255-0103-2.
Per parlare del nuovo libro di Massimo S. Russo, sociologo all’Università di Urbino, siamo partiti da una immagine. Una fotografia:
(fonte)
Nell’era thatcheriana che ha contraddistinto lo sviluppo occidentale a partire dagli anni Ottanta del Novecento, i supermercati (e altri luoghi di lavoro) non conoscono più le pause tradizionali di apertura/chiusura. I mercati finanziari e le fabbriche "debbono" essere sempre attivi, 7/24 come si dice (cioè tutta la settimana, tutto il giorno). Il "tempo sacro" delle religioni (domenica, sabato, venerdì) è saltato a favore del tempo unico della produzione. (come leggi questa immagine, in rapporto al tuo libro?)
Il tempo libero nel contesto contemporaneo è una importante e utile chiave di lettura per leggere e tentare di capire le trasformazioni economico-sociali in atto. Nelle società o meglio nelle comunità tradizionali il tempo libero era legato alla festa, al riposo necessario per rigenerarsi, oggi non è più così. Il valore comunitario della festa progressivamente è cambiato sino a non essere più considerato tale. Al sacro si è sostituito il profano. Nella società contemporanea il tempo libero si caratterizza sempre più per gli aspetti multiformi che va assumendo, ma questi purtroppo sono tutti inanellati alla luce del consumismo e di ciò spesso non abbiamo consapevolezza alcuna. Il tempo libero che una volta era scandito dai riti e dai ritmi delle festività, finisce con l’essere schiacciato nel e dal tempo del consumo dove a essere stravolto è il carattere stesso della convivialità. C’è da dire che il rapporto con il tempo ci appartiene sempre meno e a scadere sono le interazioni e le relazioni sociali. E’ un tempo illusorio segnato dalla logica dell’accelerare e velocizzare quanto più si può, per rincorrere l’iperattività produttiva.
Sul tema del tempo, e del tempo libero, si può rischiare di accavallare e perdersi all’interno di suggestioni e fili i più diversi. Il tuo libro ha la virtù di condensare in poche, densissime pagine, la riflessione non solo con/temporanea. In campo sociologico poi, non sembra che la ricerca accademica abbia prodotto molto (c’è un testo a cura di Lo Verde, Sociologia del tempo libero, edito nel 2009 da Laterza). Quali sono state le ricerche che ti hanno suggestionato di più, che hanno "battuto il tempo" all’interno del percorso di ricerca che ti sei dato?
E’ vero il tempo libero genera molte suggestioni. In Italia a mancare è una vera e propria tradizione di studi sociologici sul tema del tempo libero. Indubbiamente si deve tenere conto del lavoro svolto negli anni ’80 da Alessandro Cavalli che ha guardato con dati alla mano al tempo libero dei giovani, così come sul piano teorico all’impegno profuso da Carmen Leccardi che ha legato le sue riflessioni alla memoria. Per ragionare sul tempo libero è necessario un richiamo multidisciplinare ricorrendo alle scienze sociali, ma a partire dalla storia, tenendo conto delle indispensabili teorizzazioni filosofiche. Non ultime le conoscenze delle neuroscienze su come il cervello legge e interpreta i fattori temporali.
Un filosofo di matrice cristiana come Ivan Illich ha scritto un Elogio della bicicletta (in Italia edito da Bollati Boringhieri, 2006). Lo scrittore Robert M. Pirsig, morto recentemente, è famoso per un romanzo come Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta. Qual è il rapporto tra tempo e tecnologia? La tecnologia "libera" le persone o la nostra tecnologia ruba tempo alle persone?
Questo è un discorso estremamente importante. Il tempo tecnologico oggi è il tempo “digitale” della rete che scardina le tradizionali coordinate spazio-temporali e ci proietta in un’altra dimensione, segnata dalla virtualità. Cambiano i ritmi e i modi di rapportarsi al fluire, allo scorrere del tempo. E’ il tempo della “società dell’accelerazione” e della “presentificazione” che va studiato nello specifico. La tecnologia è diventata pervasiva ci rende autonomi e velocizza il nostro fare, ma dietro l’angolo c’è sempre il rischio di rimanere ingabbiati
Tempo libero o tempo liberato? Nella società contemporanea l’unico tempo retribuito è (ufficialmente) quello del lavoro. Le persone ricevono denaro in cambio del tempo dato al "datore di lavoro", con il denaro possono ricreare energie per sé e (in parte) per la propria famiglia, e avere come benefit "tempo libero". Un ciclo quasi perfetto se - ahimé - non fosse intervenuta la crisi di sistema che viviamo in questi giorni, che ha mandato in tilt tutto quanto: il tempo di lavoro è diventato spesso non retribuito, parzialmente o malamente retribuito in società che avevano conosciuto fino ad adesso invece un trend positivo - di "conquiste sociali" progressive. Che significato ha, in questo contesto, il "tempo libero"?
Il tempo libero ha un significato soprattutto nel momento in cui viene qualificato in quanto tale. E’ un tempo fondamentalmente individuale, soggettivo ma che non può non confrontarsi con la componente pubblica. E’ in costante evoluzione. Con le nuove tecnologie a cambiare è il tempo del lavoro che si rende flessibile, si frammenta e scompone. Il lavoro si smaterializza e con esso il tempo del lavoro su cui si basava il valore e il costo del lavoro stesso. Per produrre ci vuole sempre meno tempo di lavoro. Si abbassano costi e tempi di produzione. Ma questo non basta per renderci liberi e godere del tempo libero. Se il capitalismo sino adesso è stato in grado di orientare i cambiamenti e le trasformazioni, i segnali di crisi e deterioramento non mancano, e non è detto che produzione, mercati e consumi riescano ad assorbire i fattori di disgregazione che avanzano. La produzione spinge a consumare prodotti effimeri usa e getta. Banalmente si privilegia la quantità rispetto alla qualità.
Si fanno in Europa (Finladia) e in Canada timidi tentativi di reddito di base (vedi Internazionale): una retribuzione delle persone in modo da porle al riparo dalla privazione degli elementi basilari per vivere, al di fuori del monopolio ottocentesco e novecentesco del lavoro. Retribuzione non in cambio di lavoro, ma come diritto di per sé, per il solo fatto di essere cittadini - o di essere persone. Il tempo libero è un diritto, al di là e oltre il sistema di lavoro?
Il reddito di cittadinanza è un problema economico che la società non può non porsi e se il tempo libero è un diritto acquisito come ferie pagate per chi ha un lavoro a tempo indeterminato, in molti ne rimangono esclusi. Purtroppo non si considera il tempo libero una risorsa utile che riequilibra gli individui e la società. Nella “società aperta” ci si dimentica di come il tempo libero sia fondamentale per l’integrazione ed evitare così pericolose disgregazioni che tendono ad escludere. Im questa ottica il tempo libero va inteso e affermato con forza come “bene pubblico”.
La Sinistra, democratica o meno, non fa più lotte sul tempo. Il movimento socialista aveva battagliato per decenni per la riduzione dell’orario di lavoro. Si è arrivato gradualmente, e dopo un paio di guerre mondiali, alle 40 ore. Un tentativo recente, in Francia, di riduzione delle ore di lavoro (le 35 ore) è stato subito rimangiato con la scusa della crisi. Di fronte alla tecnologia che non ha più bisogno di persone per funzionare (le fabbriche automatizzate dei robot, le auto che "si guidano da sole" ecc.) perché non c’è dibattito al riguardo?
Il rischio del tempo tecnologico è di degradare il pensiero e ”l’attività intellettuale”, come si può vedere nel privilegio assegnato agli aspetti dell’intrattenimento virtuale-ludico con i soggetti progressivamente trasformati in spettatori vocianti che recitano illusi di essere partecipi. Il tempo libero oggi può rischiare di diventare ancor di più il tempo dell’alienazione. Il tempo libero continua ad appartenere al regno dell’utopia e spesso vive relegato in un immaginario distorto che non sa guardare al divenire del tempo nell’ottica del presente/passato/futuro e nella dimensione della prospettiva non riesce a essere costruttivo. Lo slogan lavorare meno, lavorare tutti, si è rivelato valido solo come slogan, se si esclude il part-time che rappresenta una indiscutibile conquista, di fatto non si è stati capaci di generare interventi alternativie incisivi. Ciò probabilmente può essere spiegato dalla vittoria del neoliberismo che ha schiacciato le relazioni sul piano esclusivamente economico-finanziario.
I latini parlavano di otium. Il titolo del tuo libro stesso ha qualcosa degli antichi trattati latini. In Occidente abbiamo inventato il tempo così come lo conosciamo oggi: il tempo lineare, intervallato. Con Proust abbiamo il tempo della memoria. Le ipotesi sul tempo, della scienza del primo Novecento, ha "relativizzato" il tempo. Quale tempo ci aspetta nel futuro?
Il riferimento al passato è fondamentale e imprescindibile, non dimentichiamo che il futuro è imprevedibile e nel fare previsioni bisogna essere cauti. Solo se si riguarda il passato e si osservano, con attenzione, alcuni fenomeni già in corso si può formulare qualche previsione. La riflessione incentrata sul tempo ha caratterizzato tutto il Novecento e interessato il mondo filosofico, letterario, scientifico, ma non so fino a che punto oggi se ne abbia consapevolezza e cosa ne sia rimasto. Il timore è che la perdita della “cultura classica” generi dei risultati drammatici nell’illusione di una tecnologia che si presenta di fatto “gaia” ma rischia di diventare tragica. Il tempo del lavoro, scandito dal misurarne il suo trascorrere, frutto della modernità si manifesta a partire della figura del mercante e si concretizza nel taylorismo. Oggi il tempo è frammentato e il tempo del futuro sarà il tempo tecnologico configurabile come il tempo della riversibilità, della ricorsività. Un tempo seriale e ripetitivo col rischio di generare dissonanze alienanti. Quello che vedo nei luoghi del tempo libero è soprattutto il suo degrado. Si è perso il valore del tempo relazionale, fondato sul dialogo imprescindibile dalla presenza fisica dell’altro tempo. Per non parlare del tempo ludico, del gioco, della convivialità momenti tutti stravolti dalla pervasività delle nuove tecnologie e questo è un problema non da poco che da più parti viene sottovalutato.
Scheda autore
- Massimo S. Russo
Massimo S. Russo (Lentini, 1959), laureato in sociologia nel 1982, è ricercatore presso l’Università di Rubino Carlo Bo, dove insegna Sociologia del tempo libero (presso la Scuola di Comunicazione) e Sociologia dell’educazione (presso la Scuola di Sociologia). Al seguito di Norbert Elias, estimatore della sociologia delle "scarpe slacciate", ama definirsi "un sociologo errante dedito alla conoscenza teorica e per quanto possibile alla ricerca empirica".
Tra le sue ultime pubblicazioni: La percezione del bio : indagine sulla cultura alimentare dei giovani tra pratiche e conoscenze (Aracne 2016), scritto insieme a I. Matteucci, M. Corsi, B. Valli.
Sinossi
- Copertina del libro: Della sociologia e del tempo libero, di Massimo S. Russo.
L’enigma del tempo e il valore del tempo libero sono presentati e analizzati attraverso una sintetica ma articolata riflessione sociologica. A partire da una impostazione in chiave storico–comparativa si illustrano alcune ipotesi di lettura e interpretazioni in relazione alla tradizione sociologica. Il filo conduttore è il significato da assegnare al tempo e l’importanza che va assumendo il tempo libero come momento di realizzazione dell’individuo, soprattutto alla luce dei cambiamenti in atto nella società contemporanea che coinvolgono la comunicazione, gli spazi, sia pubblici che privati, e gli impatti tecnologici.
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