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Cambiar casacca: gioia sottile

Cambiare partito politico non provoca più disagio morale, rivela, anzi, spiccato pragmatismo.

di Alfio Pelleriti - mercoledì 21 giugno 2006 - 3623 letture

“Dategli pure cento anni, l’albero piantato nel fiume non diventerà mai un coccodrillo”. Così recita un antico proverbio congolese, ad indicare comportamenti che si ripetono sempre uguali, anno dopo anno, lì dove la natura ripete i suoi ritmi da millenni.

Certo l’adagio poco s’attaglia ai convulsi ritmi occidentali; all’attivismo delle ultramoderne metropoli; all’homo economicus, per il quale il tempo è denaro e quindi tutto deve essere consumato velocemente, senza fermarsi troppo a pensare, senza farsi appesantire dalle inutili zavorre delle ideologie, dei moralismi, delle coerenze ai valori religiosi, dai lacci e laccioli delle regole e delle leggi o dai triti discorsi sull’onestà, sul solidarismo, sulla giustizia e sugli altri “eccetera” del perbenismo borghese.

Anche nella nostra provincia non si vive più come un tempo, quando si sonnecchiava e ci si muoveva assecondando l’alternarsi delle stagioni. Un’avanguardia neofuturista irrompe inarrestabile e travolge consuetudini, stili consolidati, fedi e appartenenze. Il “me ne frego!” di dannunziana memoria riecheggia tra piazze vocianti, nei vicoli dai colori traboccanti, nelle stanze telematiche e schiamazzanti.

A Biancavilla l’albero può diventare un coccodrillo e se “solo gli idioti non cambiano mai”, nel paese etneo, per fortuna, c’è un gran numero di persone intelligenti, soprattutto tra i politici, i quali, infatti, sono avvezzi a cambiare spesso casacca. Nel nostro ridente paesino, ad ogni tornata elettorale, il numero dei “draghi salterelli” s’ingrossa e tracima. Repentini cambiamenti di fronte, abbracci e baci scambiati pubblicamente in segno di fedeltà e sottomissione ai nuovi padrini politici, sono comportamenti di cui nessuno più si meraviglia. Nessuno più arrossisce di vergogna per aver abbandonato i vecchi compagni, anzi ne mena vanto e, con disinvoltura dadaista, inneggia alla nuova bandiera. Si irride agli antichi pudori, alle incrollabili fedi, che davano stima, ma anche nemici.

Machiavelliche strategie guidano i passi di chi tiene famiglia, al cui interno c’è un diplomato o un laureato disoccupato che freme per trovare un lavoro ben remunerato, non troppo stancante, senza troppe responsabilità, e soprattutto, vicino casa, magari nello stesso paese di residenza, perchè i nostri giovani sono molto legati ai genitori e non se ne vogliono staccare. Ben vengano le campagne elettorali perchè nella nostra Sicilia si possono ricevere gratis telefonini o ricariche fino a cinquanta euro, “pieni” di carburante o buoni acquisto da spendere nel nuovo ipermercato. E per i più furbi c’è la possibilità di far carriera velocemente, scavalcando tutti i colleghi di lavoro, soprattutto i più capaci. Benedette campagne elettorali! Occasioni uniche per poter sistemare qualche problemino nel proprio orticello. Se queste sono le “alte” motivazioni che guidano i numerosi clientes della potente casta dei professionisti della politica, sulle quali è bene stendere un velo pietoso, sono interessanti e degne di nota le argomentazioni che questi acuti Soloni presentano per giustificare i loro passaggi di fronte.

“Rita Borsellino è una poveretta! Paravento dietro cui si sono nascosti i furbastri della Sinistra!”; “Cosa può fare per la Sicilia, lei, una donna che non s’è mai occupata di politica!?”; “E poi, sta a Sinistra e il fratello era di Destra: incoerente e traditrice della memoria del magistrato!” I voltagabbana, in tutti i modi, hanno cercato di delegittimare la Borsellino con assunti ipocriti oltre che inconsistenti. Secondo questi politologi della domenica provenire dalla società civile e non dai partiti costituisce già un demerito; essere donna significa non avere le capacità giuste per ben amministrare; grave colpa, poi, aver fatto una scelta diversa da quella del fratello, che aveva simpatie per la Destra politica: come se una donna non abbia autonomia di scelta, ma debba sentirsi vincolata alle opinioni del marito, del fratello, del padre. Per fortuna viviamo nel terzo millennio e la mentalità patriarcale e maschilista non trova ospitalità nella nostra Costituzione, essa appartiene ad una mentalità ottocentesca, ottusa e reazionaria, ormai superata.

Altro argomento forte è stato quello legato al ponte che dovrebbe collegare Sicilia e continente, cavallo di battaglia dei nuovi autonomisti di Raffaele Lombardo, leader del partito di medici e di operatori sanitari. Questi novelli figli di Finocchiaro Aprile e di Antonio Canepa richiedono agevolazioni fiscali, meno tasse, prezzi bassi per i carburanti; vogliono applicare finalmente (sic!) lo Statuto siciliano. (Ma non sono ex democristiani? Non hanno occupato sempre le stanze dei bottoni di Palazzo dei Normanni? Perchè non hanno dato corso a tali rivoluzionari progetti?). Qualcuno, tra loro, vorrebbe coniare moneta come i loro cugini, i leghisti padani: circolerebbero onze e tarì, in barba all’odiato Euro! e il solidarismo dei Dossetti, dei La Pira, dei Don Milani, dei Don Sturzo? A quali nuove istanze ideologiche s’ispirano questi ex democratici e cristiani?


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