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Ayesha Khanna & Parag Khanna “L’Età Ibrida” (Codice Edizioni)

Uno sguardo coraggioso sul presente che viviamo e sul futuro che ci attende. La geotecnologia come nuova frontiera della geopolitica.

di Emanuele G. - martedì 4 febbraio 2014 - 4624 letture

Parag Khanna è uno scrittore americano di origini indiane specializzato in relazioni internazionali. Fa parte di moltissime istituzioni di ricerca ed è direttore dell’Hybrid Reality Institute. Assieme a sua moglie Ayesha Khanna ha deciso di scrivere il saggio “L’Età Ibrida”. Un saggio che fa pensare ed inquieta poiché prospetta il futuro dell’umanità. Un futuro – scusatemi il gioco di parole – che è già presente. Un futuro che dissemina i suoi effetti fin da ora. Stiamo davvero attraversando un’età ibrida a partire dall’annullamento della distinzione classica fra passato-presente-futuro. Oggi siamo già nel futuro. Non so se inquadrate l’enorme valenza di tale affermazione. E – lasciatemelo dire – sono “ibridi” anche gli autori. Sono americani, ma, allo stesso tempo, sono di origini indiani. Il presente del mondo e il suo futuro prossimo accomunati in una medesima coppia di esseri umani. Anche questo da a pensare.

Il saggio “L’Età Ibrida” è un progetto editoriale che fa della chiarezza espositiva il suo pregio. In appena 128 pagine gli autori riescono a sviluppare concetti che sicuramente sono passibili di centinaia di pagine di dibattito. Concetti non facile. Concetti giganteschi se rapportati alla fragilità dell’essere umano. Concetti che investono la stessa nostra esistenza. Eppure è ora di dibattere in maniera frontale e senza indugi ulteriori il nostro futuro. Ciò può provocare ansia e paura. Ma bisogna fare questo passo perché una costruzione plausibile del futuro ci permetterà di affrontarlo meglio. Ci sono tre concetti che gli autori affrontano accomunando una rara dote di sinteticità con un corredo molteplice di annotazioni scientifiche. Questi concetti sono: geotecnologia, technik e generativismo.

La geotecnologia è una disciplina che studia i fattori strategici derivati dall’uso e dal dispiegamento sul globo delle tecnologie. Perché fin da ora dovrà essere a noi chiaro che le tecnologie sono uno degli elementi strategici del futuro. Chi possedere le tecnologie avrà buone possibilità di sopravvivere alle sfide del nostro tempo. Le tecnologie come fattore essenziale per misurare le forze a livello mondiale. Le tecnologie – in breve – come nuova materia prima. E chi le detiene e soprattutto chi le crea ha un gap positivo rispetto agli altri. O sei al centro di tale frontiera oppure sei destinato alla perifericità.

Con il termine technik non si fa riferimento solo alle tecnologie tout court, ma anche alle abilità e ai processi che le riguardano. Technik sarebbe hardware e software allo stesso tempo. Ecco ancora l’appalesarsi di una realtà ibrida. Le tecnologie sono struttura e forma allo stesso tempo. Ciò indica che sono entità plasmabili. Che possono adeguarsi alle più disparate esigenze enendo incontro ai bisogni degli esseri umani. Insomma delle tecnologie creative. Anzi tecnologie che si auto-creano in un continuum che può apparire persino inquietante.

Il termine generativismo è stato ideato per la prima volta da A.N. Chomsky nel lontano 1950. Si intende un teoria linguistica che concepisce la grammatica (grammatica generativa) come un insieme finito di regole in grado di generare tutte le infinite frasi di una lingua che abbiano carattere di grammaticalità. Per rendere tale concetto più semplice. Abbiamo un seme (un’entità finita) che poi da origine a un albero che è l’indice delle infinite possibilità che una cosa finita è in grado di generare. Da ciò si comprende la portata rivoluzionaria che l’applicazione di tale teoria potrebbe avere nella vita di tutti i giorni. Avremo una dotazione di strumenti in capaci di generare infinite funzioni e infiniti nuovi strumenti.

Un mondo che incute timore. A ragione gli autori ne definiscono con chiarezza le conseguenze e mettono in guardia sugli effetti per così dire collaterali indesiderati. Poiché il punto centrale della questione è il seguente: l’umano con il suo inarrestabile progresso non rischia di uccidere l’umano? Un quesito che rappresenta il retro palcoscenico del libro. Un quesito che mette in dubbio anche il nostro essere. Ma è opportuno pensarci ora e non rendere eterne le lacrime di coccodrillo che il genere umano è uso versare allorquando scopre sulla sua pelle che il progresso è andato ben oltre certi limiti.


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