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Attentato di Parigi: cerchiamo di mettere ordine

Pubblicato il 23 novembre 2015 sul blog di Vision

di Emanuele G. - lunedì 23 novembre 2015 - 3987 letture

Sono tante le questioni che gli attentati di Parigi del 13 novembre scorso hanno messo in evidenza. Pertanto, cerchiamo di mettere ordine. In questi momenti bisogna dare ascolto alla testa e non alla c.d. “pancia”. Premessa: al fine di rendere agile la lettura del presente articolo ho deciso di sviluppare la riflessione mediante brevissimi paragrafi quasi didascalici. Non seguirò – avverto – nessun ordine. Un certo Lucio Anneo Seneca qualche secolo orsono utilizzava tale metodologia di scrittura per spiegare cose complesse.

SIAMO IN GUERRA? Certamente, ma evitiamo di cadere dalle nuvole. Siamo nelle nuvole fin dai giorni del crollo del Muro di Berlino allorquando ci dissero che la storia aveva raggiunto il suo punto terminale. Giochi della storia. Da allora le dinamiche geopolitiche del mondo passarono da un registro bimodale a un multilateralismo spinto. Ciò ha comportato che crisi locali fino allora compresse siano esplose aumentando di intensità. Altre se ne aggiungessero. Tuttavia una guerra senza una strategia complessiva in riferimento al mondo arabo e islamico sarebbe deleteria e comporterebbe un’ulteriore escalation. Per carità non definiamo codesta strategia “esportazione della democrazia”. Abbiamo visto i suoi nefasti risultati. E’ venuto, in altre parole, il momento che il versante nord e il versante sud del Mediterraneo si parlino buttando a mare – è il caso di affermarlo – decenni di ipocrisia, di giochi sporchi, di malafede e geopolitica asfittica. Dobbiamo dare un presente e un futuro degni di questo nome alle smisurate masse dell’Islam. Se ritorniamo a porre al centro dell’azione politica l’uomo allora la guerra cessa di essere l’unico strumento in mano nostra per risolvere le crisi internazionali.

I MORTI SONO TUTTI UGUALI. Aver dato massimo rilievo ai morti di Parigi rispetto alle vittime degli attentati di Beirut e Baghdad costituisce uno dei tanti autogol di un’Europa che si crede ancora il faro della civiltà moderna. Comportarsi in tal modo fa comprendere che ci sono morti di serie A e morti di serie B. Orbene, non è così. Tutti i morti hanno identica dignità. Ancora il nostro continente non ha capito che l’attacco jihadista non è un attacco rivolto esclusivamente contro DI esso. Qui è in corso un attacco a tutto il mondo. Escludere qualcuno persino dall’elaborazione del lutto può rivelarsi un ennesimo regalo a chi cerca di aizzare il mondo arabo e islamico contro di noi. Riflettiamo su questo punto. La psicologia è in grado di assumere il ruolo di strumento essenziale al fine di risolvere il caos attorno a noi.

SCONTRO DI CIVILTA’ E DI RELIGIONE? Fino a un certo punto. Non è che l’Europa e il Medio Oriente siano ai giorni d’oggi un esempio in tal senso. Le parole “civiltà” e “religione” appaiono parole svuotate di ogni significato. Assumono, invece, le caratteristiche di paraventi e specchietti per allodole. In realtà il c.d. “background” è fornito dagli accordi economici intercorsi fra i potentati multinazionali occidentali e le petromonarchie del Golfo. In più, stiamo assistendo a uno scontro senza quartiere fra le due componenti maggioritarie dell’Islam: il sunnismo e il sciismo.

TRATTATO DI SYKES-PICOT. Era il trattato che aveva ridisegnato il Medio Oriente in seguito alla scomparsa dell’Impero Ottomano. Si capisce che ci sono fortissimi interessi ha cambiare nuovamente le carte in tavola. Questo per motivi geoeconomici. Alcuni prospettano che alla fine la Siria potrebbe essere divisa in due. Ma è un processo che sembra investire altri attori sia dell’area che nei Balcani. Tre esempi. Il discorso del Premier Davutoglu all’indomani della vittoria del Partito per la Giustizia e Vittoria nelle recenti elezioni turche è emblematico. Ha raffigurato la costruzione di una “Grande Turchia” che comprenda parte dei Balcani, della Siria, del Caucaso e dell’Asia Centrale. Qualche settimana fa nel corso di una manifestazione a Roma di rumeni e moldavi si è richiesto a gran voce la nascita di un unico Governo moldavo-rumeno al fine di fondare la c.d. “Grande Romania”. Lo scorso mese di aprile nel corso di un incontro fra il Premier Rama e il suo omologo kosovaro Thaci si è evocata la “Grande Albania”. Gli esempi testé citati indicano un mondo che sta cambiando. Dovremo abituarci – a mio modesto parere – a dei cambiamenti profondi concernenti la geografia politica del mondo.

FINANZIAMENTI ALL’ISIS. Si tratta di un segreto di pulcinella. Lo sanno tutti che l’ISIS ha dei finanziatori. La storia dello Stato Islamico nasce nel 2003 per opera di Abu Musab al-Zarqawi (ucciso in seguito) capo sia di al-Qaeda Irak che di un gruppo di “foreign fighters” in Afghanistan denominato Jama’at al-Tawid wal Jihad. Era finanziato da organizzazioni non governative del Kuwait, Qatar e Arabia Saudita. A ciò aggiungasi tutta una serie di attività criminali nei più disparati settori. Quali traffico clandestino di petrolio oppure corruzione politica. Dal 2005 in poi ecco apparire all’improvviso (sarà così?) Abu Bakr al-Baghdadi che riceve, sempre a partire dal 2005, almeno 50 milioni di dollari in donazioni all’anno. Questo grazie a due preziosi collaboratori: Mowaffaq Mustafa al-Karmush (noto come Abu Salah) e Abu Jaafar al-Sabawi. Entrambi con ottimi agganci nelle corti dei regni wahhabiti della Penisola Arabica.

SICUREZZA E DEMOCRAZIA. Da quanto si percepisce la prima sarà rinforzata a danno della democrazia. Pensate alle draconiane misure decise dal Governo francese e approvate dai due rami del Congresso. Ciò riporta la Francia agli anni bui della Guerra di Algeria. Tali misure prevedono tutta una serie di operazioni autorizzate alle forze dell’ordine transalpine senza dover passare da un magistrato. La possibilità di dichiarare il coprifuoco non è poi così remota. Infatti, nella città di Sens è stato decretato il coprifuoco. Dovremmo, pertanto, attenderci a vedere fortemente limitate le nostre libertà? Ritengo di si e dovremmo convivere con una paura strisciante e carsica. La peggiore fra le diverse tipologie di paura. La Francia appare come il prodromo di ciò che succederà in tutta Europa. Il paese transalpino ha deciso di aumentare di ben 600 milioni di euro il capitolo di spesa per la sicurezza. Un capitolo già pingue in quanto provvisto di 1,2 miliardi di euro l’anno. Sicurezza, d’altronde, significa di fatto smantellamento del Trattato di Schengen. Un handicap di non poco conto per un’economia, quella europea, parecchio in affanno. Sospensione del Trattato di Schengen non significa, ricordiamocelo, solo limitazione alla circolazione di persone, ma anche di merci. Si prevedono, di conseguenza, effetti molto negativi sull’economia complessiva del vecchio continente. Immaginatevi le lunghe trafile burocratiche a cui non eravamo più abituati per sdoganare merci deperibili oppure semi-lavorati. Non è che l’Europa abbia assunto nuovo personale alle dogane nel frattempo. Anzi è diminuito e ciò comporterà un aggravio sui tempi tecnici necessari all’import-export.

L’EUROPA ALLA GUERRA. L’Europa non può contare su eserciti efficienti. I draconiani tagli alla difesa effettuati negli ultimi anni nel vecchio continente hanno ridotto in maniera drammatica l’operatività degli assetti di tutti gli eserciti europei. Pensate che la Gran Bretagna può al massimo contare su 270 carri armati. In Italia abbiamo un cimitero di tank che raggiunge l’incredibile cifra di 3.000 pezzi abbandonati a se stessi! Proprio in questi giorni, fra l’altro, la Corte dei Conti francese ha lanciato l’allarme sulle spese scarse di manutenzione degli assetti difensivi di quel paese. Manutenzione scarsa che impedisce di fatto all’esercito francese di essere pienamente operativo. In pratica, l’Europa non deve contare sui propri eserciti. Poi quando si pensa che all’esercito tedesco in virtù dei trattati post Seconda Guerra Mondiale non è permesso di partecipare a missioni estere… Tre dati: un’ora di navigazione della Portaerei a propulsione nucleare Charles de Gaulle costa 50.000 euro, un’ora di navigazione al cacciabombardiere Rafale costa 10.000 euro e un missile AASM costa circa 300.000 euro.

ARSENALI SFUGGITI DI CONTROLLO. Nel corso degli ultimi decenni varie situazioni di crisi hanno portato alla luce aspetti davvero inquietanti. Mi riferisco alla sorte di arsenali che sembrano svaniti nel nulla. Dove sono finite le armi utilizzate nelle guerre fratricide nei Balcani? Fra l’altro è risaputo che in Bosnia vi erano campi di addestramento per “foreign fighters” balcanici inquadrati in Al-Qaeda. Nel corso della Guerra Civile Albanese del 1997 gli arsenali di quel paese furono totalmente saccheggiati. Gli stessi interrogativi si pongono in riferimento ai magazzini di stoccaggio del ex-Armata Rossa in Transinistria oppure agli arsenali irakeni e libici. Nessuna organizzazione internazionale si è mai espressa in merito. Un flash finale. Se un Governo fa un ordine consistente alla Russia il mitico AK47 costa appena 200 euro a pezzo…al mercato nero si va verso i 2.000 euro.

I SERVIZI SEGRETI EUROPEI NEL CAOS. Il sedicente capo dei vari gruppi di fuoco responsabili degli attentati di Parigi Abaaoud sembra essere stato un fantasma per tutti i servizi segreti europei. Non è mai stato “tracciato”. La soffiata della sua presenza in Francia è arrivata dai servizi di intelligence marocchini. Servizi di intelligence molto efficienti e preparati. Molto più di quelli europei. Mentre i servizi europei fanno troppo affidamento sull’elettronica per contrastare il terrorismo jihadista, i servizi mediorientali si preoccupano di presidiare il territorio in carne ed ossa. E questo fa la differenza. Eccome! D’accordo si ritiene che Abaaoud abbia utilizzato documenti falsificati in quanto l’ISIS si è impadronito in Iraq e Siria di quantità enormi di carte d’identità e passaporti in bianco. Tuttavia, il problema rimane. Servizi segreti più presenti sul territorio e maggiormente coordinati sono una risorsa imprescindibile per una politica di sicurezza efficiente.

NON SONO STRANIERI. Tutti i terroristi uccisi o arrestati non sono stranieri e/o immigrati. Sono, al contrario, cittadini europei. Sans va sans dire..un drammatico fallimento delle politiche di integrazione propugnate negli ultimi decenni. Questo perché in realtà ampie fasce di giovani arabi e/o islamici di seconda o terza generazione nati in Europa non si sono mai realmente integrati. Sono stati confinati in quartiere dormitorio. Privati di politiche attive sul lavoro. Sottoposti a un strisciante razzismo. Tutto ciò è diventato un perfetto terreno per l’azione della propaganda salafita. Ha avuto, in breve, campo libero per radicalizzare al punto giusto una marea sterminata di giovani e renderli pronti al jihad. Però attenzione! Se sviluppiamo politiche troppo aggressive sulle minoranze arabe e islamiche che vivono in Europa (ben 6 milioni di islamici in Francia) rischiamo di commettere un errore dopo l’altro. Agevolando, per di più, i crescenti movimenti xenofobi e fascisti cresciuti un po’ ovunque in Europa. Per assurdo, estremisti islamici e xenofobi europei potrebbero trovarsi alleati…

LA SANTA COALIZIONE CONTRO DAESH. Al momento non c’è. E’ un’affascinante ipotesi lavoro. Nulla di più. Prima annotazione. La coalizione che bombarda l’Iraq non è la stessa che bombarda la Siria. E qui la cosa è già tragica. Appena si è diffusa la notizia che la Russia avrebbe bombardato in Siria sia l’Arabia Saudita che il Qatar hanno annunciato il proprio ritiro. Mica ci mettiamo a bombardare i sunniti di Jabhat al-Nusra! I turchi non sono minimamente interessati all’ISIS. Il loro principale obiettivo è il PKK curdo. Per l’Iran e gli Hezbollah libanesi Bashar al-Assad non si tocca. Infine, all’Arabia Saudita questa alleanza fra Francia e Russia non piace per niente. L’Arabia Saudita potrebbe accettare una severa lezione impartita a quei “discoli” dell’ISIS, ma un loro annientamento mai. Sono troppo speculari ai loro interessi strategici. Servono a bloccare la pervasiva presenza dell’Iran sciita. Infatti, hanno gli sciiti a casa loro. Nello Yemen. Poi gli americani sembrano troppo remissivi. Si sono ritirati da tutti i teatri di guerra attivi nei paesi arabi e islamici. Desiderio di pace? Mica tanto in quanto hanno lasciato distrutti tutti questi paesi. A me pare che si siano/stiano ritirando per non pregiudicare la c.d. “Saudi Connection” che è essenziale per i loro interessi strategici da quelle parti. Ultima annotazione. Costituire un’efficiente coalizione contro l’ISIS comporta il fatto di portare a soluzione situazione di frizione fra i vari eventuali partner. Ad esempio la situazione in Ucraina che ha comportato un autentico gelo diplomatico fra la Russia e gli States. Ciliegina finale sulla torta. Speriamo che la coalizione contro Daesh non sia composta solo da occidentali. L’ISIS avrebbe facile gioco nello spronare le masse arabe contro di noi. Una coalizione efficace dovrebbe essere costituita in primis dagli arabi.

TRAFFICO DI DROGA E JIHADISMO. Chi ha rivendicato l’assalto all’albergo a Bamako nel Mali? Belmokhtar capo di un gruppo jihadista denominato Al Mourabitoun. Di origine algerina. Ebbe un ruolo rilevante nella Guerra Civile Algerina degli anni novanta. Fino a questo punto siamo nella norma. Ma c’è una cosa da sapere. Belmokhtar è un noto trafficante di droga. Soprattutto cocaina di provenienza sudamericana. Un fatto inquietante. Per caso il terrorismo jihadista nel Sahel è un modo per coprire un gigantesco traffico di armi e droga? Riflettiamoci sopra. Senza dubbio, altresì, il traffico di droga serve a finanziare la galassia jihadista. Mi pare un dato di fatto. Sembra chiaro che il Sahel sia diventato una zona di estrema permeabilità ad ogni traffico illecito. Un altro step. La rivendicazione è firmata in cooperazione con Al Qaeda Africa Occidentale/Maghreb. Questo è sicuramente il risultato dell’intensa attività di polizia internazionale attivata da ONU e Francia. Attività di polizia che ha indebolito in maniera consistente i due gruppi terroristici forzati a “unirsi”. Tuttavia, sembra delinearsi una guerra fra Al Qaeda e l’ISIS in quell’area. I primi aventi come punti di riferimento i succitati due gruppi. L’ISIS rappresentata dall’ex-Boko Haram. Ora Wilayat Gharb Afriqiya (ossia Provincia dell’Africa Occidentale). Una vicenda da seguire molto da vicino.

Avete capito, dunque, perché è necessario mettere ordine? La situazione in cui ci troviamo rassomiglia a quella di una bacinella piena di buchi. Alla fin fine non riusciremo più a turare le falle e…

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