Ascanio Celestini
Ripubblichiamo volentieri un’itervista al grande attore comparsa su Succo Acido di qualche mese fa. Ascanio E’ una di quelle persone che prima di essere interpreti unici del loro tempo sono dei maestri di vita, gente che davvero ha qualcosa ancora da trasmettere.
"Marco Paolini ed io giochiamo ad essere quello che Ascanio veramente è" (Moni Ovadia).
"Anche tra gli attori più giovani ci sono quelli bravi e bravissimi, come il Romano Ascanio Celestini" (Dario Fo)
Spero che chiunque abbia la fortuna, un giorno, di poter incontrare Ascanio Celestini. E’ una di quelle persone - come Giovanna Marini, Ezio Bosso o Gustavo Boytelmann per citarne alcuni - che prima di essere interpreti unici del loro tempo sono dei maestri di vita, gente che davvero ha qualcosa ancora da trasmettere. Ascoltando Ascanio si mettono in dubbio tutte quelle inutili discussioni pseudointellettuali sulle relazioni tra attore e personaggio. C’è lui, e basta. Ed è tantissimo, ve lo assicuro. Nella giungla iperproduttiva dei grandi spettacoli da produzione Holliwoodiane (e qualità Bolliwoodiane) che iniziano a tumoreggiare in quasi tutte le città italiane e costano miliardi (che paghiamo noi, sia ben inteso), esistono spettacoli, come i suoi, che non costano niente, sono gratuiti, di facilissima accessibilità a tutto il pubblico, e di straordinaria profondità. Potreste un giorno averlo in tournee nella vostra città, o magari in un paesino vicino a casa vostra, ed allora vi consiglio di prendere qualsiasi mezzo ed andarci di corsa, senza pensarci due volte. Poi andate a scambiare due chiacchiere con lui, e resterete incantati. Io ho avuto l’onore di incontrarlo a Volterra e questa è solo una parte di una lunga intervista che ha purtroppo dovuto subire profondi tagli per questioni di spazio.
SA: Per te è fondamentale fare uno spettacolo e spendere 3 mila lire, anche per evitare ogni tipo di legame con le produzioni. Eppure hai partecipato ad un famoso progetto romano, vuoi parlarcene?
AC: Io di solito non partecipo a progetti per ansia e per paura, invece nel 99 ho presentato un progetto per il teatro di Roma organizzato da Martone perché non premiavano un testo o uno spettacolo ma ti permettevano di presentare un progetto su come avresti voluto lavorare su un testo e metterlo in scena. Dovevi scrivere tutto, anche presentare i costi per le locandine, e mi sembrava un progetto molto realistico. Avevo un anno per mettere in scena questo progetto ed erano già diversi mesi che ci lavoravo. Inoltre ci avevano dato dei soldi per metterlo in scena, ed anche tanti. Nel concorso si potevano chiedere fino a 240 milioni, e credo che 0non succederà mai più una cosa del genere…non è mai successa e mai più succederà. Noi chiedemmo circa 60 milioni, ma buona parte di questi soldi volano in oneri sociali quindi in realtà di milioni ne utilizzammo in realtà circa 25, e per noi erano comunque tanti! Significava non essere costretti a fare la replica a Roccacannuccia perché ti servono i soldi per pagare le bollette del telefono… inoltre eravamo in 6 a lavorare nel progetto ed alla fine lo spettacolo è rimasto a noi. Credo che soltanto noi ed i Motus (Visus Gloriosa) abbiamo prodotto uno spettacolo che poi ha girato in tournee; due lavori molto diversi. Io non ho mai pensato di fare uno spettacolo per quella rassegna, infatti, la scenografia sta legata nel tetto della macchina, giriamo più con quello spettacolo che con qualunque. Il problema è produttivo anche e soprattutto perché sta avvenendo nel teatro ciò che già succede da tempo al cinema; uno sceneggiatore\regista, che magari fa anche l’attore, rompe le scatole ad un produttore, lo trascina al ministero, si fa finanziare il progetto (di solito con parecchi soldi); poi non si fa promozione, il film esce 2 giorni ad agosto e finisce tutto lì. In teatro sta accadendo la stessa cosa: tramite le amministrazioni si trovano i soldi per i grandi eventi, allora si fa l’evento ma poi muore lì e questo è proprio un errore. Quello che poi mi meraviglia di più è che tutto ciò è assolutamente in contraddizione rispetto al discorso che si fa oggi attorno all’idea di un mercato dove il prodotto è in vendita, gira, lo acquisti\vendi, lo sfrutti…Poi non sono nemmeno d’accordo con l’idea di un liberismo un po’ sciatto che si è andato propagandando e in realtà si comporta come lo statalismo più bieco in cui solo il tizio che ha ’na granata di soldi produce il grande evento. E’ tutta una politica culturale che si sta sfaldando negli anni e che oggi dovrebbe essere ricostruita partendo proprio dalle compagnie che promuovono le proprie produzioni.
SA: Beh, non è affatto semplice star dietro alle schizofrenie della politica culturale…
AC: Il problema grosso infatti è che chi organizza lo fa in quanto delegato della cultura o perché voleva andare a dirigere le poste ed invece gli hanno dato un teatro stabile…accade così spesso e non so quanti davvero hanno una capacità. Ma non deve essere qualcuno con 6 lauree, ma semplicemente uno che vada in giro a vedere gli spettacoli, solo questo. Beh, non è una cosa facile, ci vorrebbe qualcuno che vada a vedere gli spettacoli, li capisca, e capisca qual è la situazione italiana
SA: A proposito mi piacerebbe spendere due parole sull’organizzazione che ha ospitato la tua personale questo inverno a Palermo… Ricordo che l’ultima sera ti sei assentato per una laringite…
AC: C’avete fatto morì de freddo a Palermo!! Sai che succedeva? I primi due giorni quelli che lavoravano con me andavano via ammalati, poi cambiavo spettacolo e gli altri andavano via ammalati, arrivavano altri e dopo 2 giorni andavano via ammalati e rimanevo solo io che peggioravo sempre di più. L’ultimo giorno non c’è l’ho proprio fatta. Il penultimo giorno c’è anche un video nella quale io dall’inizio di Radio Clandestina alla fine perdo sempre più la voce e rimango quasi afono. E’ un documento da mandare nei Combat film…una cosa pazzesca. Io non ho mai saltato uno spettacolo in cui stavo male e negli ultimi anni ne faccio uno ogni giorno quasi, ma li è stato veramente freddo, freddo, freddo, freddo…
SA: Ok cambiamo argomento…Oltre a lavorare sui vostri spettacoli dedicate parecchio delle vostre energie ai laboratori…
AC: Portiamo in giro laboratori di ricerca in cui registriamo storie legate al lavoro: noi abbiamo ambito a portare il nostro progetto in tanti ambiti diversi con tante storie diverse tra loro. A Pontedera ho lavorato con delle regole ben precise: avevo 14 attori, alcuni dei quali con una buona formazione, ma non erano persone che lo facevano per mestiere. Ai ragazzi del corso di formazione ho cercato di dare una storia diversa ad ognuno di loro per lavorare su mezz’ora di racconto. Questo laboratorio è basato sulle memorie orali legate alla città di Pontedera, e quelli che sono venuti ad assistere lo spettacolo finale erano gli operai che lavoravano nelle fabbriche. Ad ottobre, quando riprenderemo il corso, ognuno di loro costruirà attorno al proprio lavoro una possibilità di vendita, impareranno come si fa una scheda tecnica, una locandina, a chi telefonare per vendere lo spettacolo. La formazione del teatro non avviene solo insegnandoti il training, perché se poi non so telefonare per promuovere il lavoro il mio progetto rimane fermo.
SA: La critica teatrale, che ha necessità di etichettare qualsiasi cosa, ha deciso di definirti un artista marginale. Ammesso che abbia senso questo tipo di definizione, mi dici a cosa mai può servirti rientrare in questo tipo di categoria?
AC: Sai, io tutti gli anni vado a Paglieta, vicino Chieti, dove una piccola compagnia che si chiama Piccolo Teatro lavora da 30 anni ed il loro pubblico sono proprio i contadini. L’organizzatore non porta lavori miei o lavori locali...lì c’è andato Cuticchio, Spiro Scimone e Sfrangiameli, Pippo Del Buono…Non è una situazione marginale dove c’è un teatro marginale , dove ci sono solo spettacoli piccoli piccoli, lui fa delle cose straordinarie: il "paese dei racconti" per esempio avviene tutto il giorno dentro le case dei contadini , che ti raccontano le loro storie mentre di offrono il cibo. Lui vive una situazione di totale isolamento, fa questo lavoro da 30 anni e da lì non si muove, non gira con i suoi spettacoli ma cerca di portarli avanti. Questa è una via d’uscita. Allora quando si va parlando della marginalità del teatro si dice una cazzata enorme. Che significa marginalità del teatro? Già parlare di teatro in generale fa ridere, perché faccio teatro io e lo fa la Cuccarini a cui non voglio usurpare nulla. Voglio dire che siamo due mondi completamente diversi e non dobbiamo certo metterci a litigare su chi fa veramente teatro. La Cuccarini fa bene a fare quello che fa, e ti dirò che è più sano quello che fa lei che tanto teatro definito di ricerca. Lei ha fatto uno spettacolo in cui danza e canta, in cui ha anche messo dei soldi, ed adesso lo spettacolo continua a girare. Io non vado a vedere questo spettacolo come non faccio scì d’acqua, e per me sono due cose lontane alla stessa maniera, che rispetto del tutto, molto più di quelli che spacciano un lavoro arrangiato come lavoro di ricerca. Allora già parlare di teatro fa ridere, poi dire teatro marginale mi fa ridere 2 volte. Ma perché? Ma marginale DOVE? A Pagliareto non è marginale quando fanno 13 ore di spettacolo, il mio lavoro a Pontedera non è marginale. Faccio un lavoro con gli anziani di Orbiera, vicino Reggio, e viene tutto il paese a sentire gli anziani che parlano, e non è marginale. La marginalità del teatro è una stupidaggine enorme.
SA: Esistono progetti sviluppati in collaborazione con Enti Universitari?
AC: Col dipartimento di musica e spettacolo dell’Università di Roma quest’anno avremmo dovuto fare un progetto con Sandro Cortelli, uno degli esponenti della storia orale più importanti al mondo. Il suo testo sulla morte di Luigi Trastulli, operaio di Terni ammazzato il 17 marzo del 49, ma che nella memoria orale la morte viene spostata in avanti di 5 anni, è il testo che viene utilizzato per la storia orale nel mondo. La storia orale è il rovesciamento in qualche modo dell’idea tradizionale di storiografia. La storiografia va ad indagare nell’evento , la storia orale invece va ad indagare non nell’accadimento ma nell’oralità che sta intorno all’accadimento. Detto questo un buono storico fa anche questo lavoro. E potrei fare la storia orale di Giulio Cesare, ricostruendone la storia in base a quello che le persone sanno, e quindi produrre un documento che è in contraddizione totale con la figura ed il suo personaggio. Ecco a me questo interessa molto, e con lui abbiamo sviluppato dei percorsi comuni. Radio clandestina nasce da un suo testo, ed anche questo nuovo progetto sulle fabbriche deriva da un suo studio che ha fatto a metà degli anni 80 su Terni, sulla città e sulle acciaierie.
SA: Ricerca che si sta sviluppando intorno al tuo lungo lavoro chiamato Fabbrica. Qual è lo "stato di avanzamento" dei lavori ?
AC: Il problema di quando fai questo tipo di lavoro è che non lo fa quasi nessuno e quindi c’è terreno vergine ovunque, c’è il vuoto. Io ho iniziato perché vicino Roma a Colleferro per poco meno di un anno 1500 persone hanno vissuto sottoterra, in una zona che oggi viene chiamata "i rifugi". Vennero fatti questi scavi sotterranei a 40 metri da terra con un viadotto principale di 6 chilometri, molto grande quindi. Nelle zone che arrivano a livello di terra c’era spazio per i camion dei vigili del fuoco. Sotto ci stavano sale ricovero, sale parto, c’èra luce elettrica, sala ballo, osteria, anagrafe, cappella dove pregare. Questa struttura era stata costruita dalla BBD che era una fabbrica d’armi nella prima metà del secolo. Creò questi labirinti ricavando materiale da costruzione scavando sotto e costruendo sopra, anche in previsione del fatto che se ci fosse stata una guerra sarebbero stati utilizzati come rifugi. L’idea mia all’inizio era capire come una città entra in rapporto con il luogo di lavoro e quanto uno entra nell’altro. Per esempio quando ero piccolo vicino casa mia sentivo le sirene di una fabbrica; nei dintorni non c’era nemmeno una chiesa, non ci stavano campane ma sentivo le sirene, e queste sirene scandivano il tempo in maniera molto precisa. Ecco questo è un esempio di come la fabbrica entra direttamente nelle case. Il luogo e la storia del lavoro intervengono direttamente nel mondo urbano. A me interessava capire come queste cose andavano, qual’era il legame tra individuo e luogo del lavoro. E c’è capitato di intervistare dalle mondine ai lavoratori delle fonderie di alluminio. Sulla base di tutto questo materiale d’archivio io sto costruendo la storia di una fabbrica, in modo assai vicino alle acciaierie di terni. Ma il lavoro non è ancora completato.
SA: Anche se esiste una traccia di lavoro nel disco che hai prodotto l’anno scorso…
AC: Più che un cd in realtà la casa editrice ci ha pubblicato anche un libro con cd annesso. Si chiama "I racconti di cecafumo" e contiene il cd a cui ti riferisci, ovvero le registrazioni effettuate per Radio3. Il disco era nato in poche copie per la promozione, ma quando abbiamo iniziato a lavorare con il nostro editore, Carmine Donzelli, abbiamo deciso di fare un unico prodotto con il libro. Lui in realtà desiderava produrre solamente il libro, poi c’è stato anche un problema di conflitto di interessi perché i racconti erano nati a Radiotre, e quando portammo il progetto alla ERI scoprimmo che probabilmente al nuovo consiglio di amministrazione sarebbe stato eletto proprio Carmine Donzelli. Quindi la produzione del libro è anche stata bloccata perché altrimenti sarebbe sembrato che Carmine produceva un libro perché stava in consiglio di amministrazione…ed il libro mio costa davvero due lire produrlo, mica può esserci davvero conflitto di interessi…poi sai il conflitto di interessi nel nostro paese è una cosa molto curiosa…(ride)
Nlogax
Fonte: www.succoacido.it
Link: www.ascaniocelestini.it
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