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Antologia resistente, storia a trame intrecciate / di Ernesto Milanesi

Sergio Rotino, Francesco Permunian, Carlo Lucarelli, Giuseppe Caliceti, Piersandro Pallavicini, Michele Governatori, Pietro Spirito, Francesco Pacifico, Michele Rossi, Vanessa Ambrosecchio, Laura Pugno, Gianluca Morozzi. - Fonte: il Manifesto, 20 maggio 2005, p. 14.
di Redazione Antenati - domenica 22 maggio 2005 - 4385 letture

Un libro, legato a un anniversario, ma con un tratto originale è in grado di «durare». Come l’antologia letteraria che si misura con la Resistenza: sedici scrittori (tutti nati dopo il 1945) si misurano con l’attualità di quella storia. Racconti «politici» con un taglio narrativo incardinato nell’attualità. E’ così che Resistenza60 (a cura di Sergio Rotino, Fernandel, € 12) valorizza, dispiega e misura il patrimonio della liberazione dentro le storie dell’Italia nel 2005. Un’operazione che schiude punti di vista tutt’altro che pacificamente univoci: anzi, ogni narrazione contribuisce ad attualizzare la declinazione dell’idea stessa di Resistenza nell’epoca dell’indifferenza revisionista. C’è Carlo Lucarelli che punta sul partigiano Adelmo, costretto ad «armarsi» di fronte alla vergogna comunale dell’intitolazione di una via al capo delle Brigate Nere. «Strinse i pugni, prese fiato e ripetè che le guerre non finiscono di colpo solo perché qualcuno lo dice, che gli odi fanno fatica a spegnersi». Di qui la resistenza toponomastica, riesumando lutti e offrendo al paese il necrologio della memoria.

Francesco Permunian riesce a sintetizzare in poche righe l’intreccio di ricordi con il pretesto delle tazzine da thé. Una screpolatura indelebile, che continua a evocare la condizione dell’innocenza alle prese con la brutalità.

Provocatoriamente, Giuseppe Caliceti riscrive di getto il suo contributo all’antologia. In cinque ore e mezza, si rimette davanti al computer e descrive la «lingua comune» fra vecchi partigiani e giovani di Reggio Emilia. Un incontro davvero epocale: cinque ragazzi del laboratorio di scrittura Baobab e altrettanti protagonisti della Resistenza. Coetanei di vite in tempi a futuro incerto, cittadini che con un’intervista si ritrovano nello stesso mondo. Cristina e Ireo possono firmare insieme quattro pagine dattiloscritte, cassando solo una parola inadatta: elegante.

Insomma, Resistenza60 si sottrae all’affresco storico sulle celebrazioni del passato proprio per restituire il tratto «politico» di uno schizzo letterario con l’impronta del presente. Storie che si riavvolgono in quella storia. Scelte di campo che si ritrovano dalla stessa parte. Da un secolo all’altro, tornano le ragioni che non si conciliano. Come davanti alla bottiglia di Pautasso bianco nel racconto di Piersandro Pallavicini, alle prese con la resistenza al berlusconismo. Anche il barbiere al lavoro diventa lo spunto per allargare la riflessione grazie a Michele Governatori, mentre le bandiere rosse nelle pagine di Pietro Spirito entrano di prepotenza nelle pieghe del personale.

I protagonisti delle narrazioni sono così calamitati dalla familiarità con i racconti di un’epoca a tratti sfumata. Eppure impossibile da cancellare o indissolubilmente legata alla quotidianità. Claudio e Alessandra lo rivelano letterariamente nell’intreccio firmato da Francesco Pacifico alla Babette Factory. E Michele Rossi (classe 1977), abbozza la suggestiva «rappresaglia» che fa i conti con l’imbarazzo.

Ci sono i racconti di Vanessa Ambrosecchio, «Milton è vivo», e di Laura Pugno, «Progetto Grande Scimmia». E c’è l’impeto giovanile che spinge Johnny, Eurialo e Niso a sfidare le nebbie per digitalizzare l’ultimo partigiano, intento a imbottigliare vino e indisponibile durante l’orario delle veline in tv. Col racconto di Gianluca Morozzi si chiude, davvero, il cerchio della Resistenza in 60 anni.


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