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Addio compagno Marcelino

Si è spento a Madrid, all’età di 92 anni, il più grande sindacalista spagnolo, Marcelino Camacho.

di Orazio Leotta - domenica 31 ottobre 2010 - 2397 letture

Marcelino Camacho, colui che fondò le “Comisiones Obreras” , sindacato clandestino di ispirazione comunista concepito come struttura “orizzontale” infiltrata nel sindacato “verticale” della Spagna franchista.

Marcelino Camacho Nato il 21 Gennaio 1918 a Osma-La Rasa-Soria, nella regione autonoma di Castilla y Leon, era figlio di un operaio delle ferrovie spagnole. A 17 anni si iscrisse al PCE e subito dopo all’Unione Generale dei Lavoratori Spagnoli.

Repubblicano comunista partecipò alla guerra civile di Spagna, organizzando fattivamente atti di sabotaggio alle linee ferroviarie per impedire il passaggio dei convogli che rifornivano di armi le truppe nazionaliste falangiste. Si diede alla macchia nella Sierra, continuando la lotta partigiana, ma tradito, lui come tanti altri compagni, da un ufficiale, tale Casado, che di fatto consegnò Madrid al Generale Franco, patì il carcere e i lavori forzati.

Esule in Algeria, lì assieme ad altri compagni d’armi della guerra civile, iniziò a tessere le fila di quel movimento di pensiero che una volta tornato in patria nel 1957, diede impulso alla nascita delle Comisiones Obreras, senza le quali non ci sarebbe stata quella resistenza morale al regime franchista, né ci sarebbe stata quella forza collettiva e organizzata del mondo del lavoro che poté sostenere la cosiddetta “transizione morbida” del post-franchismo. Nel 1967, all’uscita dall’ennesima prigione, pronunciò la famosa frase: “Ni nos doblaron, ni nos doblegaràn, ni nos van a domesticar” (Non ci piegarono, non ci piegheranno, non ci assoggetteranno), famosa in Spagna almeno quanto il “No Pasaran” di Dolores Ibarurri (recentemente riesumata nel film “Columbia Cirkus” del serbo Danis Tanovic).

Due volte deputato, si dimise per dedicarsi completamente al sindacato divenendone segretario dirigente ed esercitandone la carica fino al 1987, sempre con amplissime maggioranze. Fu colui che proclamò per primo in Spagna lo sciopero generale, contro i provvedimenti del governo di Felipe Gonzales, che peggioravano le condizioni di accesso alla pensione per i lavoratori.

Divenuto presidente della confederazione, lasciando spazio al vertice della segreteria ad Antonio Gutierrez, ne nacque una conflittualità sociale. Gutierrez era favorevole allo scioglimento del Pce ed alla nascita di una coalizione di centro-sinistra (la Izquierda Unida, una sorta dell’italico PD), mentre Camacho non vedeva di buon occhio uno spostamento verso il centro (e dunque verso destra) del partito.

Camacho si dimise e soltanto un anno dopo ci riprovò a ricandidarsi a Presidente, sostenuto dal “Sector Critico”, l’ala più a sinistra del movimento sindacale, ma fu battuto. Conservò sempre e comunque la tessera n.1 del sindacato e rimase comunista fino alla fine senza se e senza ma, senza rimpianti, senza “desencanto”, si batté fino all’ultimo per evitare lo scioglimento del PCE. Ammiratore di Zapatero, gli riconosceva intuito e velocità nel fare rispettare i diritti dei cittadini e dei lavoratori, la laicità e le virtù antifasciste. Le sue ultime lotte furono contro il precariato, la disoccupazione e le logiche finanziare che in Spagna come altrove smentiscono i sogni degli uomini liberi, lavoratori e pacifisti.


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