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1 Marzo 2010 La giornata senza immigrati

I campi di arance, i cantieri edili, le cucine dei ristoranti, rappresentano l’altro lato della medaglia che porta il nome di globalizzazione, sono il western dei giorni nostri, dove i cattivi non indossano più cappello e speroni, ma camicia e pochette verde.

di Fabrizio Cirnigliaro - lunedì 1 marzo 2010 - 5455 letture

Un giorno senza messicani è un film del 2004 diretto da Sergio Arau.

California. Dovrebbe essere un giorno come tanti, solo che la città si sveglia e scopre che non ci sono più i messicani. Badanti, conduttori televisivi, agricoltori, agenti di polizia. Spariti, senza lasciare nessuna traccia. Inizialmente c’è chi non riesce a non nascondere una certa soddisfazione per la piacevole sorpresa, ma col passare del tempo l’assenza degli ispanici metterà in grosse difficoltà la città, improvvisamente sprovvista di lavoratori edili, docenti scolastici, tate e quant’altro. Anche il senatore che ha basato la propria campagna elettorale sul contrasto all’immigrazione clandestina, sarà costretto a rivedere le proprie posizioni, la sua vita è stata sconvolta a causa dell’assenza dei messicani, sia nella sfera privata, che in quella politica.

Una storia surreale, che si basa su un’idea semplice. Cosa accadrebbe se i tanti “disprezzati” stranieri dovessero improvvisamente lasciare le nostre città?

Durante la pellicola, grazie a delle didascalie, il regista fornisce dei dati che sottolineano l’importanza della manodopera straniera in molti settori dell’economia californiana, ad iniziare dell’agricoltura. (60% operai edili sono latini, gli ispanici consumano il 50 % degli hamburger venduti nei fast food, un terzo dei docenti sono latini etc etc) Un ruolo importante nello sviluppo delle vicende è giocato dai media, soprattutto dalla televisione, alla continua ricerca di scoop “giornalistici”. La satira non risparmia neanche i politici e la religione.

In Italia l’1 marzo 2010 gli stranieri sono scesi in piazza per la prima volta, l’occasione era la “Giornata senza stranieri”. Cosa succederebbe se gli tutti gli stranieri che vivono e lavorano in Italia incrociassero le braccia lo stesso giorno? Chi ci consegnerebbe i pacchi? Chi cucinerebbe le portate che ordiniamo al ristorante? Chi costruirebbe le case in cui viviamo? Chi raccoglierebbe la frutta che mangiamo? A Rosarno, dopo i fatti incresciosi del gennaio scorso, gli immigrati africani hanno abbandonato il paese, molti agricoltori non hanno trovato la manodopera per la raccolta nei propri campi.

” Tanti messicani in un deserto a Foggia e pochi pistoleri fanno sì che i nostri maccheroni al sugo restino i migliori”. Cosi cantano i Baustelle nella traccia fantasma dell’album “Amen” Nel film per diventare “visibili” gli “invisibili” sono dovuti sparire. L’idea dello sciopero del 1 Marzo è questa. I campi di arance, i cantieri edili, le cucine dei ristoranti, rappresentano l’altro lato della medaglia che porta il nome di globalizzazione, sono il western dei giorni nostri, dove i cattivi non indossano più cappello e speroni, ma camicia e pochette verde.

“Ti spacco la faccia con un calcio E poi ti mando al creatore” Disse l’uomo bianco al magrebino sporco “Te la spacco in due” Poi gli sputò sul muso e “cosa avete da guardare?” urlò Clint Eastwood è un signore ha fatto grandi film i nostri pomodori sono buoni il mondo va così “se vuoi lavorare” disse il caporale a un altro disperato “porta la tua donna che la scopa il capo se vuoi lavorare” poi prese il cellulare sputò a terra e ritornò alla jeep Lee Van Cleef è morto, è morto Volontè i nostri imprenditori sono esperti il mondo è quel che è Tanti messicani in un deserto a Foggia e pochi pistoleri fanno sì che i nostri maccheroni al sugo restino i migliori ogni tanto il tonfo di una spranga i cani scappan via Sergio Leone è vivo per lo meno qui e l’occidente lento muore di tumore va così

Baustelle Spaghetti Western


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